Anas, dieci arresti per tangenti Ex sottosegretario ai domiciliari

arresto 2BRUCIA come l’asfalto appena posato l’inchiesta capitolina delle Fiamme gialle sull’Anas: un intreccio bituminoso di corruzione e illegalità illuminato all’alba di ieri dalla spettacolare operazione disposta dalla Procura di Roma ed eseguita dalla Guardia di finanza: 300 militari in campo per 10 arresti (tra cui l’ex sottosegretario del governo Prodi, Giuseppe Luigi Meduri, subito sospeso dal Pd), 31 denunce a piede libero, 90 perquisizioni e un sequestro pari a 200mila euro. I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono associazione per delinquere, corruzione, induzione indebita a dare e promettere utilità e voto di scambio.

UNO SPACCATO di «deprimente quotidianità della corruzione», secondo il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, che individua in Antonella Accroglianò, dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas, la figura centrale dell’inchiesta ‘Dama nera’. Con lei sono finiti in carcere i dirigenti Oreste De Grossi (capo incarichi tecnici), Sergio Serafino Lagrotteria (progettazione e nuove costruzioni) e i funzionari Giovanni Parlato e Antonino Ferrante, solo un gradino più in basso nella gerarchia dell’ufficio traffici. Gli arrestati mercanteggiavano con gli imprenditori lo sblocco dei contenziosi con Anas, la velocizzazione delle pratiche di pagamento, la disapplicazione delle penali, l’ottenimento di fondi illecitamente maggiorati: in cambio ottenevano «ciliegie» o «ciliegie smozzicate», quando la tangente risultava inferiore alle attese. Associazione a delinquere pura, se è vero – nota il Gip – che l’ufficio ha mantenuto «una frenetica quanto continua operatività» senza fermarsi neppure quando, «a seguito di un controllo su strada» (12 maggio 2015), «militari delle Fiamme Gialle fermavano il funzionario Giovanni Parlato, trovato in possesso di una provvista corruttiva pari a 25mila euro in contanti, già suddivisi in tre buste».
Per questo il Gip ha spedito ai domiciliari l’ex sottosegretario alle Infrastrutture Meduri (mediatore di pratiche fuori ordinanza, diligente cacciatore di bustarelle, facilitatore elettorale di Galdino Accroglianò, il fratello di Antonella candidato Udc al Consiglio regionale della Calabria e – dopo il flop – messo in rampa di lancio per il cda di una partecipata regionale), l’avvocato catanzarese Eugenio Battaglia (mazzetta da 25mila euro nell’esproprio di un terreno a Falerna), l’imprenditore friulano Giuliano Vidoni («dazione di denaro») e i costruttori catanesi Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo.
QUESTI ultimi sono i soci forti di Tecnis, impegnata nella Salerno-Reggio, nelle metropolitane di Palermo e Catania, nella Catania-Ragusa e nella variante di Morbegno, in Valtellina, origine di uno dei principali episodi corruttivi. Entrambi alternavano versamenti di mazzette (almeno 150mila euro) a un’intensa opera di cosmesi sociale, il primo come candidato a Confindustria Catania e presidente della Fondazione del merito; il secondo come esponente dell’Ance. Relazioni forti e sistematiche, incluso «un ministro» incontrato di recente come si desume dall’ordinanza. Di questo «vero e proprio sistema corruttivo» non hanno mai fatto parte – precisa Pignatone – né l’ex presidente Pietro Ciucci, né l’attuale Gianni Armani. «Anas – annuncia Armani – si costituirà parte lesa nei confronti dei dirigenti e funzionari arrestati per i quali saranno immediatamente attivate le procedure di licenziamento». Ma aggiunge: «Non abbiamo gli strumenti per scoprire la corruzione». Il ministro dei Trasporti Delrio ha chiesto di offrire la massima collaborazione agli inquirenti. «Usciremo dal tunnel», promette Armani. E il premier Renzi giura: «Chi ruba nelle aziende pubbliche va cacciato senza perdono».

La Stampa