Ancona. «Antonio è bellissimo, che invidia» Le compagne di scuola: si amano

pistolaNON ABBANDONANO mai il telefonino, tenuto stretto nella mano dalla quale spuntano le cuffie infilate nelle orecchie. Alcuni quasi si estraniano lungo il tragitto che dall’istituto tecnico che frequentava la fidanzatina di Antonio Tagliata – il 18enne che ad Ancona ha ucciso la madre di lei e ridotto in fin di vita il padre – li accompagna alla fermata del bus. Sono i compagni di scuola di quella ragazza che fino a ieri incontravano tra i banchi e che oggi è finita in carcere per una brutta storia di amore e sangue.
Alcune studentesse hanno colori sgargianti sulle unghie, un trucco pesante, un tatuaggio o un piercing che tolgono prima di arrivare a casa «perché i miei non lo sanno», in grado di farle più ‘grandi’; mentre altre sono rimaste ancora le ‘bambine’ che in realtà si è ancora quell’età, 16 anni o forse 17. Ragazzine che continuano a chiamarsi per nomi e nomignoli e giovani che si identificano e si salutano con un ‘Ciao Zio’. Un appellativo usato da tutti: «Una moda iniziata perché ripresa soprattutto dalle canzoni», fanno notare.
MAN mano che escono, gli studenti si fermano e parlano di quei due fidanzatini e dell’omicidio che ha portato Ancona alla triste ribalta delle cronache. «Ne discutiamo in classe continuamente, è sconvolgente». Ma il discorso delle ragazze poi finisce molto spesso sul fatto che lui, Antonio Tagliata, per chi lo ha conosciuto è «bellissimo, un Emis Killa», rispondono. Com’è possibile una follia omicida di questo genere? La risposta non c’è. «Non lo so. Una pistola non saprei nemmeno dove prenderla – risponde un altro –. Di certo la colpa non è dei videogiochi come alcuni cercano di spiegare. Lì si sa che è tutto finto». E ancora: «A chi attribuirla? Non saprei davvero».
Tagliata, ragazzo definito da tutti come ‘bello’, attrae esclusivamente per l’estetica, l’essere indipendente a modo suo: «Si svegliava quando voleva. Curato in viso. E poi si vedeva che era innamorato pazzo, che si amavano. Era sempre qui davanti a scuola. L’aspettava e la riaccompagnava con l’autobus fino a casa. Più grande di lei, lo guardavamo volentieri anche noi e un po’ la invidiavamo».
IL FASCINO del giovane ribelle non è passato di moda, anche se è cambiato il modo di interpretarlo. «Oggi poi i ragazzi sono tutti così», generalizza una ragazzina mentre invia un messaggio nel quale già si organizza per il pomeriggio. La folle storia d’amore tra Antonio e la fidanzata ha sconvolto molti ragazzi. Ma altrettanti se la sono già gettata dietro alle spalle. «Ancora su questa storia?», dicono quasi seccati. Per alcuni si tratta di un episodio che sarebbe potuto accadere in qualsiasi città, a chiunque. Riprendono il telefonino in mano e proseguono. Scene che spazzano via quel «cammini per strada mangiando una mela coi libri di scuola», cantata da Vasco. Ma chi gira con «la faccia pulita», per riprendere la canzone Albachiara, c’è. È un gruppo di amiche aggiornate sull’accaduto: «Una brutta storia che leggiamo sui giornali e seguiamo in tivù. Lui è un po’ lo ‘Step’ di Moccia. Un modello che piace a molte, ma non a tutte». Il bello e dannato è oggi un cliché d’ispirazione: «Basta sentire i testi di alcuni gruppi, incentrate quasi tutte sul disagio che si prova. È anche per questo che cammino con le cuffie».

Resto del Carlino