DA UNA PARTE si assume la responsabilità del delitto un’ora prima di averlo commesso, scrivendo tre biglietti che lascia a casa dei genitori, dall’altra afferma di aver sparato il colpo letale per errore alla testa di Roberta Pierini, scivolando sul sangue delle sue stesse vittime. Dice di essere salito nella casa della sua fidanzata, in via Crivelli ad Ancona, solo per un chiarimento con la madre e il padre di lei, ma entra armato con una calibro 9 e più di 90 proiettili in tre caricatori e trasforma il confronto in una sorta di regolamento di conti.
LA PREMEDITAZIONE che avrebbe guidato la mano di Antonio Tagliata, il 18enne finito in carcere con l’accusa di aver ucciso a colpi di pistola Roberta Pierini, la madre della sua fidanzatina, e di aver gravemente feRito il padre, Fabio Giacconi, ridotto in coma irreversibile, ormai sembra solo una formalità. Ancora non gli è stata contestata dal pm Andrea Laurino, ma è probabile che avverrà in fase di udienza preliminare. Nonostante il 18enne abbia già ammesso di essere l’autore della mattanza, restano tante incongruenze da chiarire. Va decifrato ad esempio il senso dei tre biglietti che Antonio ha lasciato a casa, una sorta di confessione preventiva: il 18enne scrive, nel primo, di essere responsabile dell’uccisione di Fabio, tuttora in coma all’ospedale di Torrette e Roberta; nel secondo di volersi suicidare dopo l’omicidio; nel terzo afferma invece che non si toglierà la vita, ma tenterà la fuga. Proprio su quei fogli potrebbe essere disposta una perizia calligrafica. Se i biglietti fanno capire chiaramente che Antonio, il 7 novembre, è uscito di casa con l’intenzione di uccidere i genitori della fidanzata, che si opponevano alla loro relazione, il racconto che il giovane rende poi agli inquirenti va in tutt’altra direzione. Dice infatti di essere entrato nell’appartamento solo per chiarire e di aver portato la pistola a scopo di intimidazione. Poi la discussione sarebbe degenerata e il 18enne, incitato dalla fidanzata («Spara, spara»), avrebbe fatto fuoco alla rinfusa. Addirittura spiega che il colpo fatale alla testa della Pierini, sparato quando già la donna era a terra, sarebbe accidentale: «Sono scivolato ed è partito il proiettile», ha ripetuto agli inquirenti e al suo avvocato. Quello fatale alla testa, stando al medico legale, sarebbe stato sparato dall’alto verso il basso, a distanza ravvicinata. Si attendono gli esami balistici sulla pistola, con la matricola abrasa, che il giovane dice di aver comprato da un albanese in piazza Cavour, in pieno centro ad Ancona, per 450 euro. Peccato che la piazza sia da mesi off limits per lavori di restauro. Intanto ieri Antonio ha di nuovo incontrato l’avvocato Luca Bartolini nel carcere di Camerino. Anche i familiari hanno avanzato istanza di poterlo incontrare, mentre oggi il 18enne sarà interrogato dal procuratore del Tribunale dei Minori Giovanna Lebboroni, che vuole confrontare la versione del giovane con quello della sua fidanzatina, accusata di concorso nel delitto. Il grado di coinvolgimento della giovane potrebbe emergere anche grazie all’analisi del telefonino e del tablet della stessa ragazzina: proprio oggi il pm Laurino affiderà l’incarico per la consulenza tecnica che potrebbe permettere di recuperare i messaggi che i due giovani si sono scambiati via Whatsapp e via Facebook nei giorni e nelle ore precedenti al delitto.
