Ancora falsità su San Marino. Cantonata del Riformista: 4 miliardi di euro il buco di Bilancio Statale Sammarinese!!!!

dall’articolo del Riformista di oggi: ”Se si verificheranno le condizioni, a breve ci sarà la due diligence su Delta». Con queste parole il capo operativo di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, ha sciolto i dubbi sull’interessamento nei confronti del gruppo di San Marino. Parole pronunciate durante il Meeting di Comunione e liberazione a Rimini, che seguono le indiscrezioni lanciate il 20 agosto scorso dal quotidiano Il Messaggero. Intesa si guarda quindi intorno e ipotizza un salvataggio per Delta, piccola holding bolognese, partecipata dalla Cassa di Risparmio di San Marino, finita al centro di un’indagine di Banca d’Italia per riciclaggio ed evasione fiscale.
La Repubblica di San Marino, 61 chilometri quadrati, 31 mila abitanti e 12 banche, è recentemente salita alla ribalta delle cronache finanziarie per la condizione dei suoi bilanci. Sarebbero infatti oltre quattro i miliardi di euro di debito per il Titano. Ma a preoccupare è il bolognese, almeno sulla carta, Gruppo Delta, costituto nel 2002 dalla Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino e dalla società di asset management Estuari di Bologna. Una quota minoritaria, pari al 15,95 per cento, è anche detenuta dalla Sopaf dei fratelli Magnoni, ora advisor del gruppo. Il suo core business è quello del credito al consumo, ma non solo. Sono almeno 25 le società che fanno a capo a Delta: dall’autonoleggio (Rent) al factoring (Detto Factor) passando per le assicurazioni (Bentos), le soluzioni informatiche (Adele), il recupero crediti (Tarida) e la consulenza aziendale (Cbrs). E proprio l’intreccio di imprese, consolidate o affini, ha fatto sì che le attività di Delta, iscritta dal 17 agosto 2007 all’albo dei gruppi bancari, finisse sotto l’occhio vigile di Banca d’Italia. Almeno tre le ipotesi di irregolarità: associazione a delinquere, riciclaggio, ostacolo alle attività di vigilanza.

Nella primavera di quest’anno Palazzo Koch decide di commissariare la società. Questo dopo l’arresto del presidente di Cassa di Risparmio di San Marino, Gilberto Ghiotti, dell’amministratore delegato e di altri dirigenti della banca da parte della Procura di Forlì nell’ambito dell’Operazione Varano. Negli atti depositati dalla Vigilanza di Banca d’Italia si legge che per Delta sono state rilevate «gravi irregolarità nell’amministrazione, gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative e statutarie». In altre parole, i vertici di CaRisp San Marino gestivano la società senza averne le facoltà o l’autorizzazione. Questo perché in realtà il nulla osta per l’attività bancaria sarebbe partito prima che il direttorio di Palazzo Koch ne fosse informato. Su questo aspetto l’avvocato Guido Rossi, ex presidente di Consob e Telecom, aveva inviato un esposto al Tribunale di Bologna, senza risultati. Se ne occupa invece la Procura di Forlì, che avvia un procedimento. Allo studio, in collaborazione con Banca d’Italia, i file dell’archivio unico informatico della Banca centrale e l’autorizzazione firmata dall’Uif (Unità di informazione finanziaria) che formalmente iscriveva Delta all’albo dei gruppi bancari. Comincia anche l’ispezione di via Nazionale ed emergono le irregolarità, fra cui un milione di assegni sospettati di essere stati riciclati per un valore complessivo di due miliardi di euro.

Sono molti i punti oscuri di Delta. In primis, la quota di partecipazione di CaRisp San Marino, che è determinante per comprendere la nazionalità effettiva della holding controllata. Non sono ben chiare le posizioni e le quote della banca sanmarinese, quindi per ora la holding rimane del tutto italiana. Se invece risultasse che Delta fosse soggetta al diritto societario sanmarinese, ci sarebbero implicazioni anche per i potenziali compratori, dato il maggior controllo internazionale cui sono sottoposti i paradisi fiscali. Inoltre, la Procura di Forlì sta ancora indagando su un caso di usura, proprio a cura di Delta: secondo il dossier giudiziario sono oltre 12mila le persone che hanno richiesto finanziamenti personali con un Taeg (Tasso annuo effettivo globale) superiore al limite di legge di un punto e mezzo. Ma è sull’evasione fiscale si sta scavando ancora, alla ricerca di posizioni a rischio. È del tutto da verificare infatti il giro d’affari fra la holding bolognese e le imprese sanmarinesi.

Una vicenda di cui ha trattato anche Paolo Mondani, giornalista di Report, che durante la puntata del 10 maggio scorso spiegava che «le banche sammarinesi nel 2001 raccoglievano 9 miliardi di euro l’anno, nel 2007 14 miliardi». Numeri che però invocano una riflessione, se comparati agli abitanti del Titano. Infatti Mondani ricorda che «se dividiamo 14 miliardi per i 31 mila abitanti scopriamo che nel 2007 ogni sammarinese ha versato 450 mila euro in una sua banca. E se non è andata così, come è ovvio, vuol dire che molti italiani preferiscono portare qui i loro soldi. Perché?». Di qui, i dubbi sulla presunta evasione fiscale perpetrata a San Marino. Nonostante l’inversione di tendenza sui paradisi fiscali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il Titano rimane pur sempre una meta ambita. E con essa, il gruppo Delta.

Ma come mai un colosso bancario come Intesa Sanpaolo s’interessa a una realtà così discussa come quella di Delta? Forse perché sotto il profilo aziendale le attività del gruppo, ampiamente differenziate, hanno ripercussioni su tutto il territorio nazionale. L’importanza della società è data dalla rete commerciale che possiede, specie nel Nord Italia, capace di spaziare ampiamente nei servizi per la gestione d’impresa, anche in senso lato, come i noleggi a lungo termine di automobili. Dopo gli arresti dello scorso maggio, un compratore del gruppo era stato individuato nell’azionista di minoranza, Sopaf. Indiscrezioni che poi si rivelarono prive di fondamento, dato che la società dei fratelli Magnoni è solamente diventata advisor di Delta e non acquirente. Il numero uno di Intesa, Corrado Passera, parlando di due diligence, lascia intendere che l’interessamento è reale, ma sottoposto alla verifica oggettiva delle posizioni patrimoniali di Delta. Se esse dovessero risultare compromesse, illecite o non redditizie, è chiaro che il gruppo tornerebbe sul mercato, seppur con una credibilità tutta da verificare. Anche in virtù del forte messaggio che Intesa Sanpaolo invierebbe agli investitori con una due diligence negativa.”

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