Le trattative per l’inciucio proseguono, ma con parecchie difficoltà. Il Pd apre al Conte-bis ad una condizione: più poltrone
Il governo dell‘inciucio si sta preparando a domani. Stando cercando di fare il tutto e per tutto pur di trovare un accordo.
I gialli e i rossi le provano tutte per creare un governo anti-Salvini da comunicare domani a Sergio Mattarella. Ma nonostante i vari punti del programma dei rispettiti partiti, le varie aperture e i cedimenti, la quadra non è ancora stata fatta. La riga non è ancora stata tirata. Dopo pranzo, è previsto il vertice tra i big del Movimento 5 Stelle sulla trattativa per l’accordo di governo con il Pd. Probabilmente stanno cercando di capire anche loro in che direzione devono andare. Mentre è già in corso al Nazareno, secondo quanto si apprende da fonti dem, la cabina di regia tra Nicola Zingaretti, il presidente Pd Paolo Gentiloni, la vicepresidente Deborah Serracchiani, la vicesegretaria Paola De Micheli e Dario Franceschini.
Ma cosa sta succedendo fra i gialli e i rossi? Dopo un iniziale “assolutamente no” per un Conte-bis proprosto dal M5S e giorni di “serve discontinuita” del Pd, infatti, i dem sembrano essersi ammorbiditi. Il capogruppo dem in Senato Andrea Marcucci, uscendo dal Nazareno, ha dichiarato proprio in riferimento a Giuseppe Conte di nuovo premier: “Non ci sono veti, vogliamo parlare di contenuti”. Forse sono riusciti a convincere Nicola Zingaretti? Intanto il leader del partito si lascia sfuggire che sta lavorando “per una soluzione seria, all’altezza dell’Italia, di forze non contrapposte che si incontrano e trovano selle soluzioni. Io sono e rimango convinto che serva un governo a questo Paese. Un governo di svolta. Credo però che questo significhi difendere le idee e i valori del Pd. Non servono due programmi paralleli ma uno che dobbiamo condividere. Bisogna ascoltarsi a vicenda, le ragioni degli uni e degli altri e mi auguro che nelle prossime ore ci sia la possibilità di farlo, finora non era avvenuto”.
Il M5S non vuole mollare sul nome di Conte premier e proprio per questa ragione potrebbe esserci uno strappo col Pd. Stando a quanto scrive l’Agi, fonti parlamentari grilline non mancano di rimarcare che è inaccettabile “remare contro la possibilità di un accordo, anche perché la maggioranza dei gruppi parlamentari sarebbe a favore. Non riconosciamo – insistono le stesse fonti – come firma M5S chi dichiara fuori dal coro perché M5s siamo anche noi e vogliamo un accordo per il bene del Paese”. E Manilo Di Stefano su Facebook dice chiaramente “che il partito di maggioranza relativa in Parlamento, col 34% dei parlamentari, è il MoVimento 5 Stelle. Da questa semplice osservazione deriva un’ovvietà ovvero che le politiche e i nomi di governo saranno necessariamente scelti in maggioranza dal M5S. Cosa che garantirà agli italiani di continuare a vedere nascere riforme come il reddito di cittadinanza, l’anticorruzione, il taglio dei parlamentari, l’abbassamento delle tasse, il salario minimo ecc ecc… Inutile provare a invertire la realtà ogni giorno, la democrazia parla chiaro, i numeri contano”. Pd, Zingaretti & Co sono avvisati.
E nel caos più totale, Renzi se la prende con la Lega, più nello specifico con Matteo Salvini. Il caro Matteo (tutto ringalluzzito) su Twitter sfoga tutte le sue ire: “In Germania arriva la recessione: l’export non basta. Brexit sarà un disastro per tutti. Lo scontro tra USA e Cina ci vede alla finestra. Ora è tempo di investimenti, non di austerity. Se manda a casa Salvini, Italia torna protagonista”. Perché la paura doppio forno è sempre dietro l’angolo: l’accordo M5S-Lega potrebbe rispuntare.
Ma mentre la Lega – al momento – sembra fuori dai giochi, le trattative per l’incicio vanno avanti. Il Pd sembra pronto a cedere sul Conte-bis ad una condizione: poltrone strategiche. Quella dell’Economia e quella della Giustizia. Ai democratici piacerebbe l’ex presidente dell’Anticorruzione come nuovo Guardasigilli Raffaele Cantone, oppure un ritorno di Andrea Orlando, già di casa in via Arenala. Giornale.it