
Luca Palamara e altri nove magistrati sotto giudizio disciplinare. Già, perché la procura generale della Corte di Cassazione ha concluso la prima fase dell’istruttoria disciplinare a carico delle toghe coinvolti nel caso-caos Palamara e procure, richiedendo il processo alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura per dieci magistrati, relativamente all’incontro avvenuto in un albergo di Roma in cui si discuteva di nomine ai vertici delle principali procure italiane.
A darne annuncio, con una conferenza stampa, il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi. Il giudizio disciplinare è stato chiesto oltre che per Luca Palamara, per i cinque ex togati del Csm dimissionari lo scorso anno, Antonio Lepre, Luigi Spina, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli, Cosimo Ferri, l’ex pm romano Stefano Fava, l’ex pm della Dna Cesare Sirignano più due magistrati segretari del Csm, per uno dei quali la richiesta di giudizio disciplinare era già stata avanzata.
Nel mentre, come riferito sempre dal pg Giovanni Salvi, è ancora in corso il vaglio della procura generale della Cassazione sulle chat contenute agli atti dell’inchiesta di Perugia estrapolate dal telefono di Luca Palamara. Salvi ha spiegato che “su nomi e numeri non è possibile fare anticipazioni ora e nemmeno tra qualche giorno, il lavoro deve essere completato e non ci può essere alcuna comunicazione prima che la persona eventualmente incolpata non ne abbia avuto la legittima conoscenza”“su nomi e numeri non è possibile fare anticipazioni ora e nemmeno tra qualche giorno, il lavoro deve essere completato e non ci può essere alcuna comunicazione prima che la persona eventualmente incolpata non ne abbia avuto la legittima conoscenza”. Quindi ha aggiunto: “Non è possibile parlare di numeri e nomi, neanche nei prossimi giorni, il lavoro deve essere completato e non ci può essere alcuna anticipazione fino a quando le persone coinvolte non avranno avuto la notificazione dei provvedimenti”.
A seguire, il pg ha parlato di interferenza nell’esercizio dell’attività del Consiglio: “L’elemento differenziale sta nel fatto che le scelte venivano esposte in relazione a condotte o richieste o tenute rispetto a posizioni processuali, per favorire uno o danneggiare l’altro”.
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte