SEI ANNI, tra procedure e lavori, per realizzare una discarica in cui abbancare rifiuti per sette anni, costata il doppio rispetto ai 6 milioni dell’opera, visto che altri 6 milioni sono stati nel frattempo spesi per portare i rifiuti fuori provincia. È l’incredibile storia della discarica di Cingoli che sarà attivata la prossima settimana. Le responsabilità? Sono diffuse: della politica, di una lenta giustizia amministrativa, di un ambientalismo a volte troppo radicale, di privati cittadini, che si sono mossi all’insegna della sindrome Nimby (Not in my back yard, ‘Non nel mio cortile’). La storia inizia nel maggio 2008, quando l’assemblea dei soci del Cosmari (il Consorzio pubblico che gestisce lo smaltimento dei rifiuti), decise di realizzare una nuova discarica, in sostituzione di quella a Tolentino, che avrebbe esaurito la capacità di abbancamento a fine 2009.
UNA SCELTA assunta sulla base di un piano provinciale dei rifiuti in cui da tempo erano stati individuati siti per realizzare discariche di appoggio al Cosmari, che fino all’anno scorso poteva anche contare su un inceneritore, oltre che su una quota crescente di raccolta differenziata. La scelta di Cingoli si inseriva in una logica che aveva distribuito il “carico” del problema sul territorio provinciale: si era partiti dalla costa, con la discarica a Potenza Picena, per poi servirsi di un’altra a Morrovalle e, di qui, in collina, a Tolentino. Toccava all’entroterra, insomma. Dietro l’angolo, però, c’erano in agguato le elezioni provinciali del 2009: la discarica fu uno dei temi al centro dello scontro tra Giulio Silenzi, candidato del centro sinistra (che ne sosteneva la necessità, magari per un impianto interprovinciale con la provincia di Ancona) e Franco Capponi (che, invece, l’avversava apertamente, prefigurando altre soluzioni). Quest’ultimo vinse le elezioni e disse che la discarica di Cingoli era argomento chiuso. Il voto, però, fu poi annullato dal Consiglio di Stato e così si tornò alle urne nel 2011, quando Capponi fu sconfitto dall’attuale presidente Antonio Pettinari. Nel frattempo era iniziato il trasferimento dei rifiuti in altre discariche regionali, con costi notevoli. Provincia e Cosmari cercarono di recuperare il tempo perduto, dovendo però fare i conti con ricorsi al Tar prima, e al Consiglio di Stato, poi (nove in tutto), presentati da cittadini residenti vicino all’area dove doveva sorgere la discarica, dal Comune di Cingoli e anche da comitati ambientalisti che paventano rischi per la salute. «Tutti respinti, ma hanno allungato i tempi di almeno tre anni», sottolinea l’attuale presidente del Cosmari, Daniele Sparvoli. I ricorsi avevano impedito di appaltare l’opera, ma non di proseguire i percorsi della progettazione.
Così, quando nel luglio del 2012 la giustizia amministrativa ha posto la pietra definitiva sui ricorsi, c’è stata un’accelerazione per arrivare in porto. Appaltata l’opera, però, furono sollevati problemi in merito alla presenza di falde acquifere salate nel sottosuolo in cui doveva sorgere la discarica.
COSÌ NON SOLO è stato necessario fare un “piano di caratterizzazione” per accertare che non esistevano rischi, ma la ditta che aveva vinto l’appalto contestò il ritardo e aprì un contenzioso con il Cosmari che, poi nell’agosto 2013, ha fatto il nuovo appalto. Così la settimana prossima, dopo dieci mesi di lavori, la discarica entrerà in funzione. Nel frattempo l’inceneritore è stato spento, anche perché la raccolta differenziata è giunta ad oltre il 70%, ma senza che ciò si sia tradotto in una riduzione delle tariffe, come sarebbe potuto accadere. Il problema non si porrà più per almeno sette anni, quasi lo stesso tempo che è stato necessario per risolverlo. E per bruciare 6 milioni di euro. Il Resto del Carlino
