APRITE BENE LE ORECCHIE!

 

 

 

Noi e gli altri: ecco uno dei binomi più frequenti dell’esistenza umana, è un dilemma che non risparmia nessuno:bambini, adolescenti, adulti, anziani, uomini, donne, omosessuali, sacerdoti.. Non sono ammessi esclusi.

L’uomo infatti, sin dai tempi della preistoria, ha cercato di sfruttare al meglio la propria intelligenza per creare ciò di cui necessitava per sopravvivere, per soddisfare dunque i suoi bisogni primari, cosa in cui, in ogni epoca, si è dimostrato estremamente abile. Come sostiene del resto la teoria filosofica Neoplatonica l’uomo è il nodo del tutto, il centro dell’universo, e la sua caratteristica essenziale è il libero arbitrio,l’uomo è perciò faber ipsius fortunae, ovvero artefice del proprio destino. Questa consapevolezza delle proprie doti lo fa tendere al perfezionamento in ogni settore: quello artistico,scientifico, lavorativo;quindi ogni essere umano, nudo e privo di difese, ma solo con l’arma dell’intelligenza, può cambiare il mondo. E’ da notare quest’ultima affermazione: modificare il mondo, la natura circostante, non significa mutare gli altri esseri umani, diversi gli uni dagli altri per cultura, tradizioni, lingua, istituzioni, colore della pelle, nazionalità, età, ma allo stesso tempo così simili. Una nota canzone di Grignani faceva:”tutti uguali e diversi da me”… Ed è proprio così, ogni uomo può dire di non essere uguale ad un altro,e solo Dio sa come abbia fatto a creare una specie umana tanto variegata. Purtroppo questa differenza viene spesso vista come un fattore negativo, una forza centrifuga che allontana gli uomini fra loro, quando invece è una delle calamite più potenti che vi siano. Le diversità infatti possono divenire oggetto di discussione, confronto, e soprattutto immedesimazione nell’altro che permette di arricchire la propria sensibilità, dando così ad ognuno la possibilità si elaborare opinioni e prendere decisioni giuste.

Fernando Savater, insegnante di etica e filosofia presso l’università di Madrid, sostiene in un suo testo che “gran parte della difficile arte di mettersi al posto degli altri ha a che vedere con quella cosa che sin dall’antichità si chiama giustizia”. La virtù della giustizia si può perciò sintetizzare come la capacità e lo sforzo che ogni uomo deve compiere, se vuole vivere serenamente, di comprendere i suoi simili, capire cosa si aspettano da lui. Se si prende questa come unica e vera definizione di giustizia, risulterà che più del 50% della popolazione mondiale è composto da uomini ingiusti. Si pensi solo alle relazioni interpersonali che sono all’ordine del giorno e che eppure sono fonte di frequenti incomprensioni: un esempio eclatante è il rapporto sempre più conflittuale che si sta andando a creare fra genitori e figli. I primi forse troppo apprensivi ed iperprotettivi, i secondi desiderosi di una crescente libertà ed uno sfrenato divertimento. Ecco due visioni di vita del tutto dissonanti, adatte alle rispettive fasce di età. Chi ha ragione e chi torto? Nessuno. Sono semplicemente punti di vista, è come guardare lo stesso quadro da diverse angolazioni: vedendolo da una certa posizione riusciamo a cogliere particolari che magari da un altro punto non noteremmo assolutamente. La vita è quel quadro: ognuno vede i colori combinati nel modo che più lo affascina, la luce colpisce la tela sui soggetti che più suscitano emozioni.

Ecco perché genitori e figli dovrebbero essere più comprensivi gli uni con altri, arrivando così ad un giusto compromesso che permetta per lo meno una pacifica convivenza.

Vi sono infatti esempi di ragazzi che scappano di casa pensando di fare un torto ai propri genitori e che poi finiscono per rovinarsi la vita con le loro stesse mani, entrando in pessime compagnie o iniziando a fare uso di alcol o sostanze stupefacenti. Allo stesso modo vi sono genitori talmente apprensivi e severi nei confronti dei figli che questi finiscono col cadere in depressione oppure, come si è verificato in casi estremi, si tolgono la vita.

Si parla ovviamente di situazioni esasperate, ma che si possono verificare se fra le due generazioni non si trova un punto d’incontro. Purtroppo sono numerosi e tra i più svariati i fattori che influiscono sul rapporto genitori-figli, in primis la differenza di età e l’appartenenza ad un trend generazionale del tutto diverso sono i fattori che risultano all’origine di ideali altrettanto divergenti.

Dinnanzi a questi ostacoli, che possono apparire sia ai più giovani cha ai più grandi vette invalicabili, occorre reagire con le migliori armi possibili: il dialogo e la collaborazione. Ma in cosa consiste ciò dal punto di vista pratico? Nel capire cosa voglia, desideri e pensi la persona che si ha dinnanzi. I ragazzi dovrebbero perciò sforzarsi di capire lo stato di quei genitori tanto preoccupati. Questi ultimi invece, tanto insopportabili e, secondo la generazione del nuovo millennio, sempre più proibitivi, dovrebbero tentare a loro volta di andare incontro alle esigenze dei più giovani, ricordando che anche loro, in tempi non poi così tanto remoti, hanno vissuto quella fase tanto turbolenta ed irrequieta della vita che prende il nome di adolescenza.

Sicuramente è questa la soluzione migliore per entrambe le parti: cercare di aprirsi. Se ne vale la pena? Certo che si. Ogni essere umano sente l’esigenza di esternare agli altri i suoi pensieri, i dubbi, le incertezze, le gioie, i dolori… Perché tenersi tutto dentro? Così tante emozioni sono troppe per essere contenute all’interno di un unico animo e non essere condivise, sarebbe da egoisti,

oltre che da sciocchi, non farlo. In fondo se il buon Dio ha munito gli uomini di orecchie vi deve essere una ragione: saper ascoltare i suoi simili. 

E’ vero può sembrare un’impresa ardua e difficile, ma del resto è proprio trascorrere la vita in compagnia degli altri a renderla “umana”.

 

MARTINA ….di  4 liceo