ADESSO di inchieste per truffa sulle subordinate ce ne sono due. E la seconda, partita ieri con il blitz della Finanza nella sede Bpel di Civitavecchia, parte dalla morte di Luigino D’Angelo, il pensionato suicida che ha scatenato una vera bufera sul caso Etruria. Una vicenda che rivela retroscena sempre nuovi. L’ultimo riguarda il conflitto di interesse nella banca aretina: era già stato contestato nell’ispezione del 2010 di Bankitalia, molto prima della contestazione per la quale l’ultimo presidente Lorenzo Rosi e l’ex consigliere Luciano Nataloni sono adesso indagati.
MA ANDIAMO per ordine. La perquisizione di Civitavecchia, innanzitutto, dove il Pm Alessandra D’Amore ha fatto il salto di qualità. Non solo istigazione al suicidio ma appunto anche truffa, come già ipotizzato ad Arezzo dal procuratore Roberto Rossi: il pensionato potrebbe essere stato raggirato e indotto a sottoscrivere le obbligazioni per 110 mila euro poi azzerate.
Se questo è l’oggi, lo scavo sul passato è altrettato fosco. C’è un’ispezione eseguita da via Nazionale e guidata da Vincenzo Cantarella che si concluse senza sanzioni nel 2010. Allora in Bpel si parlò insistentemente di un appoggio nella politica romana che il presidente dell’epoca, Giuseppe Fornasari, già sottosegretario Dc all’industria, aveva trovato per addolcire l’esito dei controlli. Fatto sta che Bankitalia rilevò comunque il conflitto di interessi per due membri del cda, Augusto Federici e Alberto Rigotti. Il primo era l’ad di Sacci, azienda cementiera romana finita poi in concordato. Da Bpel ottenne affidamenti fra 45 e 60 milion finitii poi in incaglio e a sofferenza.
NELLA stessa situazione di amministratore della banca e al tempo stesso da essa finanziato si trovava anche Alberto Rigotti, imprenditore trentino e protagonista del crac di Abm, che controllava la concessionaria di pubblicità del quotidiano E Polis, crollato sotto il peso di un buco da 15 milioni. Nel 2014 è stato arrestato per bancarotta fraudolenta. Con Banca Etruria ha sofferenze per 16 milioni. E’ stato anche socio in affari di Alberto Mario Zamorani, boiardo di Italstat, arrestato in Tangentopoli, i cui figli sono proprietari di Mosaico Srl, società che gestisce la biglietteria degli Affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo. La società è stata destinataria di una consulenza da 236 mila euro finita nel mirino dell’ultima ipezione di Bankitalia.
Rigotti in Bpel è stato molto discusso anche per un altro aspetto. Il 23 maggio 2009, fu lui l’ago della bilancia nella drammatica votazione del Cda (8 a 7) che segnò il passaggio dal laico Elio Faralli al cattolico Fornasari. E la minoranza gli contestò che non poteva votare perché era oltre il limite di affidi consentito. Dopo il defenestramento Faralli si asserragliò nel suo ufficio. Ne uscì solo con la garanzia di una buonuscita di 1,3 milioni e un assegno annuale di 120 mila euro come patto di non concorrenza. Faralli aveva allora 87 anni.
Il Resto del Carlino