Riprende oggi, martedì 9 settembre, l’esame del caso davanti alla Corte d’Appello di Bologna in merito alla richiesta di consegna avanzata dalla Germania per il cittadino ucraino arrestato il 21 agosto a San Clemente, in provincia di Rimini, mentre si trovava in vacanza con la famiglia. L’uomo, ex capitano dell’esercito ucraino, è accusato di aver preso parte al sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, fatti avvenuti nel settembre 2022 nel Mar Baltico, una vicenda che ha avuto enormi ricadute geopolitiche ed economiche a livello mondiale.
La decisione dei giudici era stata rinviata lo scorso 3 settembre, dopo che la Corte aveva ritenuto necessario approfondire le argomentazioni della difesa. L’accusato, difeso dall’avvocato Nicola Canestrini, compare anche oggi in videocollegamento dal carcere in cui è detenuto. La memoria depositata dal legale punta a sostenere che le condotte contestate rientrerebbero in atti di natura militare commessi in tempo di guerra, e pertanto dovrebbero essere coperte dalla cosiddetta “immunità funzionale”.
Anche la Procura generale, che inizialmente aveva chiesto di procedere con la consegna, ha chiesto tempo per esaminare i rilievi avanzati dalla difesa. Un segnale che conferma quanto il caso sia delicato e complesso, collocandosi a metà strada tra diritto penale internazionale e questioni di carattere politico-militare.
La Corte d’Appello di Bologna, al termine dell’udienza odierna, potrà pronunciarsi sull’estradizione oppure decidere un ulteriore rinvio, ma resta il nodo di fondo: stabilire se l’ex ufficiale debba rispondere davanti alla magistratura tedesca o se sia escluso da responsabilità per la presunta copertura legata allo status di militare in un contesto bellico. Una vicenda che tiene alta l’attenzione non solo giudiziaria ma politica, perché il nome Nord Stream richiama immediatamente una delle pagine più oscure e rilevanti della guerra russo-ucraina e delle tensioni energetiche che hanno attraversato l’Europa negli ultimi anni.