TRENT’ANNI per avere ucciso la moglie e averne occultato il cadavere. Il sipario della tragedia di Elena Ceste cala per ora sul massimo della pena chiesta dall’accusa. Il marito Michele Buoninconti, che durante la giornata si era commosso, alterato e indignato continuando a giurare sulla Bibbia la propria innocenza, incassa la sentenza senza muovere un muscolo. Nessuno può essere contento, tanto meno i genitori della donna che apprezzano la decisione del giudice di Asti Roberto Amerio ma hanno due problemi: accettare che quell’uomo abbia ammazzato una figlia e andare a casa a spiegarlo ai suoi quattro bambini, dei quali hanno la patria potestà. Ragazzini dai 6 ai 14 anni. Fino a un mese fa erano stati tenuti all’oscuro di tutto, da una settimana i nonni stanno provando a spiegare cosa sta succedendo.
AVEVANO cercato anche loro di illudersi che Michele fosse vittima di un errore giudiziario. Che fosse stata una tragica fatalità, come ha insistito ieri il vigile del fuoco leggendo cinque pagine di dichiarazioni spontanee. «Signor giudice, io mi trovo davanti a lei senza un motivo vero. Non c’è alcuna certezza che mia moglie sia stata uccisa e la procura non può provarlo, né ora né mai, semplicemente perché non è accaduto». Il difensore Giuseppe Marazzita boccia la «condanna ingiusta». «Sapevamo che si trattava di un processo complesso a causa del condizionamento mediatico. Michele ci sperava, noi abbiamo cercato di smorzare il suo eccessivo ottimismo. Andremo in appello e se necessario in Cassazione».
Buoninconti, 44 anni, è sempre stato definito «uomo di poche parole, ossessionato dalle preghiere, maniaco del controllo». Elena era sparita nel nulla a 37 anni la mattina del 24 gennaio, nove mesi dopo il suo cadavere decomposto era stato ritrovato in una roggia poco distante dalla villetta di Motta di Costigliole. Nuda in pieno inverno. Senza occhiali pur essendo molto miope.
MICHELE adesso trova la voce: «Ci vogliono le prove per condannare un uomo, non si può trasformare a piacimento un innocente in colpevole di un omicidio che non c’è stato». E allora cosa? «Elena delirava e sentiva le voci quella notte e si picchiava in testa. Non me lo sono inventato». Parla come un avvocato, come un neurologo: «Questa crisi psicotica si ascrive perfettamente nel quadro dei suoi disturbi precedenti di ottobre e novembre». Il giudice ha già liquidato il danno a favore della famiglia con 300mila euro per ogni figlio. I ragazzi rimarranno affidati ai nonni come disposto dal Tribunale dei minori di Torino. Soddisfatti per la sentenza i legali della famiglia, Debora Abate Zaro e Carlo Tabbia. «I genitori di Elena sono contenti, ma hanno la delusione nel cuore perchè la figlia è morta per mano del genero Michele – dicono gli avvocati –. Sono molto provati e hanno pianto».
IL CORRIERE DELLA SERA