Aura Ghezzi, con papà Enrico fra cinema e memoria

E’ difficile “scegliere i film, è come quando si entra in una libreria e si vorrebbe leggere tutto o si apre un giornale e si leggono i titoli o guardiamo i cartelloni dei film sui muri. E’ meglio quando i film ci scelgono o si ha l’illusione che il film ci abbia scelto”. Lo dice, in una delle sue memorabili introduzioni ai più diversi mondi cinematografici, Enrico Ghezzi, guida per due generazioni nella settima arte e non solo, con lo storico programma notturno di Rai3, Fuori orario. Ora il critico offre una nuova strada, fra memoria famigliare e artistica, cinema, cronaca e visione, partendo dai suoi archivi ed allargandosi ad altri, in ‘Gli ultimi giorni dell’umanità’, film non fiction firmato con Alessandro Gagliardo di ‘196’, al debutto fuori concorso alla Mostra internazionale del cinema di Venezia Un racconto (prodotto da Matango con Rai Cinema e Luce-Cinecittà) che comprende anche una dimensione intima, con le immagini famigliari, della moglie e la figlia Aura Ghezzi, da neonata, bambina e adolescente, e poi da adulta, come voce di alcuni testi, che suonano sempre più attuali di Franz Kafka. “Le mie memorie non c’erano di molti di quei momenti – spiega Aura Ghezzi in conferenza stampa, con il padre seduto in platea (per problemi di salute il critico non può parlare, ndr) che alla sua entrata in sala è stato accolto da lunghi applausi -. E’ stato un film che comportato anche una ricerca nell’archivio. La prima cosa che abbiamo fatto con Alessandro e il babbo è stato rivedere tutto il materiale su di me. Alessandro aveva notato che c’ero dal giorno in cui sono nata, ma io non l’avevo mai visto. Poi abbiamo fatto un lavoro su Kafka; per il babbo era imprescindibile che ci fossero i suoi testi e Alessandro ha chiesto a me di leggerli, perché dopo avermi conosciuto, sapendo che faccio l’attrice, ha voluto che partecipassi anche in un altro modo”. Il film è un viaggio, tra vita quotidiana e lavorativa, film (da L’uomo dagli occhi a raggi X di Corman a Pat Garrett e Billy Kid di Peckinpah), passando per autori e attori come Abel Ferrara, Aleksandr Sokurov, Bela Tarr, Straub&Huillet, Koji Wakamatsu, Bernardo Bertolucci, Mario Schifano, Philippe Garrel, Luciano Emmer, Michel Houellebecq, Michael Pitt, Eva Green, Louis Garrel, Franco Battiato, Amir Naderi, David Lynch, John Malkovich. Ma anche, ad esempio episodi di cronaca e lo spazio raccontato dalle immagini dell’astronauta Jean-Francois Clervoy. “L’archivio è stato un punto di partenza, poi abbiamo continuato a sconfinare: abbiamo sempre pensato che le immagini degli archivi non abbiano bisogno di non essere piegate a un uso specifico ma liberate” spiega Alessandro Gagliardo. “Ci hanno guidato gli innamoramenti cinematografici di Enrico in 120 anni di cinema – aggiunge il produttore esecutivo Armando Andria – e amici di Enrico, come Bela Tarr o Abel Ferrara, hanno aperto per noi i loro archivi per permetterci di attingervi e rimettere in gioco quelle immagini. Tutte le persone che hanno partecipato a questo film si sono messe in gioco in una forma amorosa”.


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