Riceviamo e pubblichiamo
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Avvocato Achille Campana. Replica alla Consulta per l’Informazione.
San Marino, 27 ottobre 2018
Ho letto con interesse il comunicato stampa dei membri della Consulta per l’Informazione, che si scagliano contro di me, persino – leggo – si indignano.
Mi compiaccio di cotanto ardore, io però confermo la mia “Ode al Blogger” Giornalesm.com.
Intanto mettiamo subito in chiaro una cosa: io, in quanto cittadino, penso e dico tutto ciò che voglio, e nessuno mi viene a dire che cosa debbo o non debbo dire o pensare.
L’ode, e lode, al Blogger è un giudizio di valore in cui si evidenzia il paradosso di Marco Severini, che, pur senza essere iscritto, fa informazione e la fa meglio dei giornalisti con tesserino, quindi dico, è lui, nella sostanza, il “giornalista” più vero.
Marco Severini e Giornalesm.com possono, anzi devono, continuare a fare quello che fanno, come la Consulta per l’Informazione deve continuare a svolgere il ruolo assegnatole dalla legge, speriamo con membri un po’ più “illuminati” sul tema.
Ripropongo il riferimento che ho fatto all’ONU, in modo che sia chiaro, anche alla Consulta per l’Informazione, che esiste una serie di principi, contenuti nel General Comment 34 del Comitato Diritti Umani (CCPR/C/GC/34) che io in realtà ho solo enunciato – non sono frutto della mia inventiva – e che i miei critici evidentemente ignorano. Eccoli qua (grassetti miei):
“44.Journalism is a function shared by a wide range of actors, including professional full-time reporters and analysts, as well as bloggers and others who engage in forms of self-publication in print, on the internet or elsewhere, and general State systems of registration or licensing of journalists are incompatible with paragraph 3. Limited accreditation schemes are permissible only where necessary to provide journalists with privileged access to certain places and/or events. Such schemes should be applied in a manner that is non-discriminatory and compatible with article 19 and other provisions of the Covenant, based on objective criteria and taking into account that journalism is a function shared by a wide range of actors.”
Come si vede, il “tesserino” è limitato all’unica funzione di accreditare i giornalisti presso le sale stampa o eventi simili, mentre il giornalismo è appannaggio di una categoria molto ampia di “attori”, fra cui anche di quelli che non si assoggettano alla signoria di organi “superiori”.
Non solo. Troviamo, nel rapporto annuale dello Special Rapporteur per la Promozione e Protezione della Libertà di Pensiero ed Espressione (A/70/361), addirittura un’enfasi sulla necessità di garantire la tutela delle fonti, tratto distintivo, anche in caso di giornalismo fatto “senza tesserino”:“… The protection available to sources should be based on the function of collection and dissemination and not merely the specific profession of “journalist”. The practice of journalism is carried out by “professional full-time reporters and analysts, as well as bloggers and others who engage in forms of self publication in print, on the Internet or elsewhere” (Human Rights Committee, general comment No. 34, para. 44).
Today, journalists and other “social communicators” may claim the right of confidentiality for the source. Persons other than journalists inform the public and carry out a “vital public watchdog role”. International bodies increasingly use terms more general than “journalist”, such as “media professionals” or “media workers”.”
Quindi, anche dopo aver letto questo, vogliamo ancora sostenere che per fare cronaca ed esprimere le proprie opinioni occorra ottenere tesserini? Forse il Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite e lo Special Rapporteur tematico sono troppo poco autorevoli per la Consulta…
Allora mi sforzerò di arricchire il discorso, e basta poco, perché sono in parecchi a prendersi a cuore la libertà di stampa.
Ecco, per esempio, c’è un’organizzazione che si chiama Consiglio d’Europa, per carità, gente di sicuro inferiore per caratura ai membri della nostra Consulta per l’Informazione!
Questi signori la vedono più o meno come l’ONU: di certo la definizione che il COE dà del “Giornalista” non è quella di tesserato, si veda la lett. “a” della Raccomandazione 7/2000 (sempre grassetti miei):
“a. the term “journalist” means any natural or legal person who is regularly or professionally engaged in the collection and dissemination of information to the public via any means of mass communication;”
Anche qui, nessun tesserino, anzi esiste proprio una categoria diversa dal professionismo, che le viene addirittura anteposta sintatticamente, e che sta ad indicare l’esercizio nella sostanza dell’attività giornalistica.
possiamo continuare con la Dichiarazione Inter-Americana dei Principi sulla Libertà di Espressione ed altro ancora, tutti documenti che i nostrani membri della Consulta paiono ignorare.
Preciso che al momento non conosco neppure l’identità dei membri della Consulta per l’Informazione, e che la mia non è una critica all’Istituzione – che in principio svolge una funzione importantissima nella società, si badi – ma alle persone, che ritengo non essere all’altezza del loro compito a giudicare da quello che scrivono e dal grave contegno che dimostrano nei miei confronti.
Forse i membri della Consulta pensano che io voglia la soppressione dell’istituzione: non hanno capito nulla, ma con la loro reazione hanno messo a nudo la loro aberrante concezione del ruolo che ricoprono.
Il Consiglio d’Europa incoraggia e promuove le organizzazioni dei giornalisti professionisti, il giornalismo professionale, il training, i codici etici (cui sono tenuti anche i bloggers e i c..d self-publishers) e quant’altro, ma perché facciano crescere il giornalismo, non perché passino la loro giornata a perseguitare gli altri “attori” dell’informazione, pretendendo di zittirli.
Alla faccia del pluralismo delle fonti!
Per non parlare della presa di posizione nei confronti di Repubblica.sm, guarda a caso un giornale che nel caso specifico ha dato voce all’opposizione e che quotidianamente fa il suo lavoro con coraggio e indipendenza senza condizionamenti di nessun tipo.
Tornando al nostro Blogger, che non è un iscritto, ma fa Informazione con la “I” maiuscola, ecco, mi viene da pensare che forse i componenti della Consulta siano un po’ invidiosi di quello che è nella sostanza il migliore dei “giornalisti”, il più coraggioso, il più incisivo, il più indipendente, quello che non si fa addomesticare e che la società civile la risveglia, perché il suo lavoro non è quello di addormentarla.
Imparino i signori della Consulta che cosa significa fare informazione, lo imparino dal Blogger!
Avv. Achille Campagna