I bagnini salgono sulle piattaforme, e il Grand Hotel sogna la pagoda

A volte ritornano. Come l’altalena in mare, uno dei simboli della Rimini del turismo di massa, scomparsa per quasi trent’anni e poi riapparsa magicamente, l’estate scorsa, al bagno 24. L’operazione nostalgia continua, e così ecco alcuni bagnini riminesi al lavoro per far tornare anche le piattaforme. Due i progetti già approdati negli uffici di Palazzo Garampi e della Soprintendenza, per altrettante piattaforme al largo di Marina centro. Ma se sui parchi giochi gonfiabili in acqua la Soprintendenza si è già espressa favorevolmente, per il ritorno delle piattaforme la strada è molto più in salita. Mentre in Comune hanno accolto con interesse e favore i progetti, molto più scettico invece è l’orientamento della Soprintendenza, che non vedrebbe di buon occhio le strutture, giudicandole troppo impattanti. La partita resta ancora aperta, ma il finale difficilmente sarà scritto in tempo per la prossima stagione estiva.

Non sono soltanto i bagnini a pensare al ritorno delle piattaforme in mare. Anche la famiglia Batani, proprietaria del Grand Hotel, sta accarezzando l’idea. Tanto che già a dicembre nella mostra Le piattaforme balneari dell’architetto Roberto Semprini, che ha ripercorso la storia di queste strutture a partire dalla pagoda cinese di fronte al Kursaal, si poteva ammirare il progetto di una moderna piattaforma da collocare al largo, nel tratto di mare davanti a piazzale Fellini. «Non era soltanto una suggestione – ammette lo stesso Semprini – Stiamo lavorando con la famiglia Batani al progetto (che sta girando anche negli uffici comunali, ndr). La volontà è quella di riproporre, con funzioni e design più moderni, la pagoda cinese di Rimini, che costituiva all’epoca una sorta di prolungamento in mare del Kursaal».

Il progetto è quello che mostriamo nel rendering qui a fianco. «Una struttura moderna e leggera, realizzata per lo più in legno», rimarca Semprini. Ma che manterrebbe la classica forma orientaleggiante della pagoda cinese originaria, eretta nel lontano 1870 e poi smantellata dopo la Seconda guerra mondiale (come il Kursaal). «Noi ci crediamo, in questo progetto, e non solo per l’interesse che creerebbe – conclude Semprini – Per Rimini sarebbe il modo per riappropriarsi di uno dei simboli della sua storia balneare». Il Resto del Carlino