Bancarotta Hanjin, timori per il commercio ortofrutticolo

dowLe ripercussioni sul commercio mondiale di ortofrutta sono difficilmente ipotizzabili, ma il settore non può che leggere con giustificata preoccupazione la notizia del “naufragio” della compagnia di navigazione Hanjin Shipping, settima al mondo per importanza con un’attività di trasporto di oltre 100 milioni di tonnellate di merci l’anno. Il vettore di Seoul, zavorrato da oltre 5 miliardi di euro di debiti, ha dichiarato bancarotta e 85 navi portacontaneir sono bloccate fuori dai porti con a bordo circa 500 mila container. Alcuni dei quali partiti dall’Italia o lì destinati. La compagnia ha chiesto l’amministrazione controllata al tribunale di Seoul. Sarebbe il più grande fallimento nella storia del trasporto marittimo e la situazione è paradossale: le navi non possono attraccare perché c’è il veto dei porti e il personale è costretto a rimanere a bordo. Gli operatori di terminal, porti e gli addetti alla movimentazione delle merci di tutto il mondo si sono astenuti dalla gestione del carico della società nel timore di non essere pagati.
 
Tutte le navi in viaggio sono state fermate nel primo porto utile o nel primo che ha accettato che la nave si fermasse. Hanjin è tra l’altro considerato uno dei punti di riferimento per i container reefer utilizzati per il trasporto di frutta. Impossibile sapere quanta merce deperibile sia attualmente ospitata nelle navi ma tra danni attuali, diatribe e necessità di riorganizzare i prossimi trasporti, le conseguenze sul piano logistico saranno prevedibilmente pesanti. 
A Genova sono intanto 89 i lavoratori che hanno il futuro incerto: ieri nella sede di Assagenti (l’associazione di categoria degli agenti e dei mediatori marittimi) si è tenuta una riunione interlocutoria con i sindacati e i vertici di Hanjin Italia.
 
La compagnia ha intrapreso azioni legali negli Stati Uniti e farà istanza in una decina di altri Paesi, dal Canada al Regno Unito, per proteggere le proprie navi e altre attività dalla confisca dei creditori. Il motivo del crac? C’è chi lo imputa ai continui prezzi al ribasso per le spedizioni. Un “inabissamento” che suona come un campanello d’allarme.

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