Già ad aprile il Fmi ha tagliato le stime di crescita per l’Italia. Il pil del nostro Paese crescerà quest’anno dell’1,0% (-0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di gennaio) e nel 2017 dell’1,1% (-0,1 punti).
È quanto emerge dalle tabelle del World Economic Outlook. “La crescita è stata più lenta del previsto in Italia” afferma il Fondo, parlando di crescita “modesta” per Germania, Francia e Italia. Le stime del Fmi sono più basse di quelle contenute nel Def, nelle quali si stima una crescita dell’1,2% nel 2016 e dell’1,4% nel 2017.
Alla notizia il premier Renzi ha manifestato un po’ di disagio lamentandosi del fatto che le agenzie di rating e le istituzioni non fanno altro che “gufare”, ma stavolta, e siamo alle ultime ore, anche Bankitalia che ha rivisto al ribasso le stime di crescita del pil italiano per il 2016 e per il 2017. “Nel primo trimestre di quest’anno il pil è aumentato dello 0,3%, con un lieve rafforzamento rispetto alla fine del 2015; le più recenti informazioni congiunturali indicano una crescita analoga per il trimestre in corso. In media d’anno il prodotto aumenterebbe dell’1,1% e accelererebbe all’1,2% sia nel 2017 sia nel 2018”.
Gli economisti di Bankitalia hanno spiegato che il quadro “risente della debolezza dello scenario internazionale, che riflette soprattutto il rallentamento delle economie emergenti. Continuerebbero a sostenere la crescita le condizioni monetarie ampiamente espansive, l’orientamento della politica fiscale e il permanere del prezzo del petrolio su bassi livelli. Infine, i principali fattori di incertezza che gravano su questo scenario sono di natura globale: una prosecuzione della fase di debolezza delle economie emergenti e una ripresa meno intensa di quelle avanzate potrebbero frenare gli scambi internazionali più a lungo di quanto qui prefigurato; un aggravamento delle tensioni geopolitiche potrebbe tradursi in un aumento della volatilità dei mercati finanziari e dei premi per il rischio. Per contro, una maggiore crescita delle componenti interne potrebbe essere associata agli interventi delineati nel quadro programmatico presentato nel Documento di Economia e Finanza 2016 (Def), ma una valutazione dei loro effetti sarà possibile successivamente alla definizione dei dettagli dei singoli provvedimenti”.
Bankitalia dunque conferma quanto sostanzialmente rilevato dal Fmi, quasi ad avvertire il governo di non sottovalutare la lettura dalle tabelle del World Economic Outlook, perché, se il Presidente del Consiglio fa spallucce (in realtà i suoi problemi attualmente sono altri) se il Fmi trova conferme anche dalle istituzioni italiane, sarà vero anche il resto.
E sì perché il rapporto di aprile del Fmi parlava anche di debito pubblico italiano, si sa le brutte notizie non vanno mai da sole. Secondo Washington, il debito è destinato a salire nel 2016 al 133,0% del Pil, dal 132,6% del 2015. Il debito calerà al 131,7% nel 2017, per attestarsi al 121,6% nel 2021. Il debito nel Def è stimato in calo al 132,4% nel 2016 per poi scendere ancora al 130,9% nel 2017.
Il deficit strutturale sarà dell’1,8% nel 2016 e dello 0,8% nel 2017. “Le stime e le proiezioni dello staff del Fmi sono basate sui piani di bilancio inclusi nel budget del 2016” spiega il Fmi, precisando che “le stime per il bilancio corretto per il ciclo includono le spese” per gli arretrati alla pubblicazione amministrazione nel 2013, “che sono esclusi dal bilancio strutturale. Dopo il 2016, le stime dello staff del Fondo prevedono una convergenza verso un bilancio strutturale in linea con la fiscal rule, che implica misure correttive in alcuni anni, non identificate”.
I rischi sono soprattutto di instabilità geoeconomiche, lo “spauracchio” più immediato sarebbe il Brexit, ma quello che tutti ignorano almeno in casa nostra, è la continua erosione della base imponibile nel nostro Paese, problema segnalato dalla Corte dei Conti, che sarebbe il distributore di carburante del Tesoro, senza entrate sarà complicato tenere sotto controllo il debito che (senza poter battere moneta) costa due volte, in quota capitale e in quota interessi.
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