
Boss(ol)i si è detto entusiasta dell’iniziativa: “I serbi sono un grande popolo, andai a portargli le medicine quando c’e’ stata la guerra”. Che medicine gli avrà mai portato? Cialis, Viagra? Per Boss(ol)i quelli allo stadio non erano propriamente serbi “Che c’entra quelli sono tifosi”. Se uno fosse stato serbo e basta non l’avrebbe passata liscia, ma se era serbo e anche tifoso allora poteva permettersi qualche coltellata e un paio di petardi esplosivi sul portiere. E’ il tifoso che è in lui che agisce, non il serbo. Ivan Bogdanov, l’energumeno incappucciato di duecento chili che ballava sulla recinzione, è solo un nome di fantasia. I più attenti avranno riconosciuto Roberto Calderoli mentre bruciava la bandiera del Kosovo islamico.
A Belgrado sono in corso incontri bilaterali con Trota Bossi e i nazionalisti serbi per introdurre in Serbia la “tessera del tifoso padano”. E’ una questione di reciprocità. La speciale tessera darà diritto ai padani negli stadi serbi a fischiare l’inno, fare a pezzi la bandiera italiana (o a pulircisi il culo), cantare “Ho un sogno nel cuore: bruciare il tricolore”, dipingere il simbolo del Sole delle Alpi con spray verde lega le scuole circostanti e a un’invasione di campo di Borghezio. Il gemellaggio in futuro potrà portare al ritorno della Grande Serbia e della Grande Padania unite in un fronte comune. I serbi di nuovo a Sarajevo e a Zagabria e le ronde padane in Istria e Dalmazia, sulle spiaggie a caccia di vucumprà.
Maroni sta valutando l’introduzione di una tessera secessionista del tifoso, da quello irlandese dell’IRA al tifoso basco dell’ETA. Maroni, primo tifoso padano tesserato, avrà diritto in trasferta a qualche morso alla caviglia della polizia ospite.