Berdini: San Marino non è più un paradiso fiscale.

San Marino riceve l’Ok da Moneyval con la benedizione dell’Ocse per uscire dalla lista grigia, ma il percorso per mettersi in regola è ancora lungo e l’eventualità di un salasso finanziario a causa dello scudo fa paura.
Percorso faticoso quello della Repubblica di San Marino per farsi cancellare dalla lista grigia dell’Ocse e promuovere in lista bianca.
La fine del segreto fiscale che dagli anni sessanta ha fatto arricchire il piccolo stato indipendente è costata l’introduzione di severe regole sullo scambio di informazioni, e la rinuncia a tutte quelle pratiche economiche ora al centro del mirino delle autorità europee.
Moneyval, organismo europeo che valuta le norme antiriciclaggio, ha infine dato il suo avallo il 22 settembre, accompagnato dalla benedizione dell’Ocse, ma la strada per la regolarizzazione della Repubblica ancora è lunga.

San Marino è infatti sotto i riflettori dello scudo fiscale a causa della stima di 5 miliardi di euro che potrebbero essere drenati dal Fisco. Inoltre da ripulire sono tutte quelle zone d’ombra che si celano dietro le manovre economiche della Repubblica, a partire da quelle società di facciata che agiscono come scatola vuota contro il Fisco, per finire con le finte residenze di italiani a San Marino e le società di autonoleggio che s’intestano automobili di lusso usate oltreconfine.

La Guardia di Finanza di Rimini sta operando diverse verifiche per valutare l’entità di questi fenomeni e, nella recente indagine sulla Cassa di risparmio Delta, in cinque sono finiti agli arresti tra i dirigenti bancari.
Lo scudo fiscale comunque fa paura e si teme un terribile salasso delle finanze, motivo per cui la Banca centrale intende monitorare in tempo reale tutte le richieste di rimpatrio o regolarizzazione per prevenire crisi di liquidità.

La situazione per San Marino non è facile, pressata dall’Ocse e dall’Italia da un lato e dalla necessità di salvaguardare le propria salute economica dall’altro.
Sul fronte opposto per le Fiamme Gialle l’impresa di rintracciare tutte le attività sommerse si sta rivelando ardua.
Tuttavia la crisi ha cambiato la situazione economica globale e pare che i tempi siano finiti per i paradisi offshore nei confini europei. Ora è tempo di correre ai ripari, e i rimedi si sa, non sono mai facili.