Biagio Conte: l’arcivescovo, era un mite lottatore

(ANSA) – PALERMO, 17 GEN – “Fratel Biagio era laico
cristiano, un mite potente lottatore”. Nelle parole
dell’arcivescovo Corrado Lorefice c’è un breve ma preciso
ritratto di Biagio Conte, il missionario dei poveri morto a 59
anni. I suoi funerali solenni sono celebrati nella cattedrale
nella quale si è ritrovata la Palermo che ha amato fratel Biagio
e sostenuto la sua missione. La salma, in una bara di legno
povero di colore chiaro, è stata deposta davanti all’altare
circondata da volontari e ospiti della Comunità fondata da
Fratel Biagio.
    Lottava, ricorda monsignor Lorefice, con l’arma del digiuno
per tendere al massimo la sua “forza umile e non violenta”.
    Esprimeva così un impegno cominciato trenta anni fa con la
creazione della missione Speranza e carità che nel tempo è
diventata una rete di solidarietà umana che in dieci comunità
accoglie quasi 600 persone: ultimi, disperati, poveri, migranti.
    “L’unica eredità di cui Fratel Biagio si è appropriato –
aggiunge l’arcivescovo – è stata il dolore e la povertà dei
fratelli. L’eredità che ci lascia è la ricchezza del suo
esempio”.
    Lorefice ricorda poi il percorso umano di fratel Biagio
ispirato al messaggio di san Francesco: era ricco e non gli
mancava nulla ma ha fatto una scelta di rinunce per dedicarsi al
riscatto dei poveri. Erano loro, la pace e la giustizia le sue
passioni.
    “Vedevamo in lui – dice ancora Lorefice – una certezza che
vorremmo diventasse sempre nostra, di ogni uomo e di ogni donna
di buona volontà. C’era una dolcezza nel suo essere che veniva
da un Altrove, una vitalità che trovava le sue sorgenti in uno
spazio inedito. Per questo fratel Biagio era vivo. Pieno di vita
anche alla fine, sul letto che era diventato la sua croce.
    Sempre attento a ciò che succedeva nella città terrena, sempre
in movimento. Anche alla fine, quando non poteva più muovere i
piedi, le gambe, ma continuava a muovere il suo cuore, sul
sentiero della vita”. (ANSA).
   


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