ALL’IMPROVVISO, a reti unificate, ha sentito il suo nome pronunciato dal presidente Mattarella come esempio per tutte le donne italiane. Nicole Orlando, 22 anni, ha la sindrome di Down e nello sport ha avuto la sua rivincita con medaglie e record mondiali.
Nicole, come va?
«Bene grazie».
Certo, queste sono giornate speciali…
«Sì, belle. E mi sono commossa quando ho ascoltato il mio nome alla tv».
Che cosa ha pensato?
«Ero con i miei genitori e degli amici in montagna. Sono rimasta in silenzio, non me l’aspettavo e neppure ci credevo. Ho fatto una cosa normale e invece mi sono trovata assieme a persone così importanti».
Ma lei è campionessa del mondo…
«Sì, è stato un sogno che si è realizzato».
Più bello oggi o il giorno delle gare vinte in Sudafrica?
«Forse quello, forse questo. Mi sono commossa tutte e due le volte».
Ora l’hanno conosciuta tutti in Italia…
«Sì, e di questo sono particolarmente contenta».
Come vive la sua attività?
«Mi sto impegnando un mondo».
Quante persone le hanno telefonato?
«Tante».
Quando ha cominciato a fare sport?
«Avevo un anno quando ho cominciato a nuotare».
Che cosa farà adesso?
«L’8 gennaio sarò a Firenze come madrina alla presentazione dei Trisom Games che ci saranno a luglio e dove saremo in 800 a partecipare».
Spera di vincere anche lì?
«Sì, ci spero tanto e mi sto preparando per farlo».
Ma poi che cosa vuol fare nella sua vita?
«Voglio un lavoro. Mi sono diplomata al liceo scientifico tecnologico due anni fa e ora sto cercando un lavoretto. Mi piacerebbe tanto fare la segretaria come la mia mamma».
Intanto a chi dedica i suoi successi?
«A mia nonna Fiorella, che mi doveva accompagnare in Sudafrica, ma è morta poco prima».
FIGLIA di atleti (il padre Giovanni calciatore e la madre Roberta Becchia cestista), Nicole ha due fratelli, Michel, 26 anni, e Caroline, 15. «Con loro ha un rapporto speciale – spiega la madre –, un grande scambio. Non le hanno mai dato nulla per scontato e mi hanno sempre rimproverata se ero troppo buona con lei. Così Nicole è cresciuta con un bel carattere e di esempio per gli altri, come anche in palestra. A un anno l’ho buttata in acqua, a due l’ho portata a fare ginnastica ritmica con Anna Miglietta, allenatrice della nazionale; alle medie l’insegnante di sostegno mi ha convinto che era portata anche all’atletica e sono venute tutte le medaglie e i record». La disabilità non ha mai pesato in casa. «Il momento di amarezza alla nascita è subito passato, l’abbiamo accettata, ci siamo tirati su le maniche e ne abbiamo fatto una campionessa».
Corriere della Sera