Esordio da aspirante “First Husband” per l’ex presidente. Sanders: “Nominiamola per acclamazione”.
«Se volete davvero cambiare per il meglio le vostre vite, non conosco nessuno più capace di Hillary a farlo».
Nel suo esordio politico come aspirante “First Husband”, primo marito americano di una donna presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton ha unito la sua conoscenza personale della moglie, e la sua abilità politica, per demolire la falsa immagine diffusa dai repubblicani e ripresentare la «vera Hillary che vi consiglio di eleggere».
Nel pomeriggio la Convention democratica di Philadelphia aveva fatto la storia. Aveva nominato ufficialmente la prima donna candidata alla Casa Bianca, e senza contestazioni. Anzi, durante la conta dei voti era stato lo stesso Bernie Sanders, suo rivale nelle primarie, che l’aveva promossa per ricostruire l’unità del Partito: «Propongo che lo scrutinio sia interrotto, e Hillary Clinton riceva la nomination per acclamazione».
Bill ha cominciato il suo discorso da quella primavera del 1971, in cui conobbe una ragazza con gli occhialoni che era riuscita ad affascinarlo: «Da allora in poi, non abbiamo più smesso di camminare e ridere insieme».
L’ex presidente ha raccontato tutte le iniziative presa da Hillary quando era ragazza, contro la discriminazione razziale, per difendere i bambini, per garantire la sanità a tutti. In molti passaggi è risultato persino noioso, ma apposta: perché voleva dimostrare come il cambiamento positivo, reale ed efficace non si ottiene con messaggi ad effetto di 140 caratteri, ma con il lavoro profondo, duro e faticoso.
Ha raccontato il loro matrimonio, il trasferimento in Arkansas, la nascita della figlia Chelsea, il passaggio alla Casa Bianca, dove Hillary aveva lavorato alla riforma sanitaria, e una volta fallito questo obiettivo non si era da per vinta, ma aveva ricominciato a lavorare con i suoi avversari per ottenere almeno l’assicurazione dei bambini. Naturalmente nessun accenno ai loro problemi matrimoniali, ai tradimenti, allo scandalo Lewinsky, non solo perché non faceva comodo, ma anche perché sono cose già note nei dettagli, e forse fanno parte delle difficoltà che a volte una coppia deve affrontare e superare.
Sembrava una carrellata di ricordi che molti conoscevano già, ma poi è arrivato lo scarto. «Come potete conciliare questa Hillary che vi ho raccontato finora, con quella che aveva sentito descrivere la settimana scorsa durante la Convention repubblicana? Non potete, perché quella non era vera. Era una caricatura, un cartone: sarebbe stato troppo difficile fare i conti con la realtà di questa persona». I repubblicani, in altre parole, hanno mentito su Hillary, perché era l’unica strada che potevano seguire per cercare di bloccarla. Ma la verità è un’altra, cioè quella di una donna che ha dedicato tutta la vita ad ottenere cambiamenti concreti per le persone in difficoltà. Anche nella politica estera, dove i repubblicani hanno inchiodato la ex segretaria di Stato alle sue responsabilità per l’attacco al consolato di Bengasi, mentre Madeleine Albright che l’aveva preceduta in quella posizione l’ha difesa, accusando piuttosto Trump di un comportamento irresponsabile che inviterebbe Putin a rioccupare l’Europa.
Bill naturalmente sapeva che non era facile ripresentare sua moglie agli americani, e cancellare completamente le ombre allungate su di lei dai repubblicani. Perciò ha lasciato la decisione agli elettori: «Scegliete voi, con il voto, qual è la vera Hillary. Io la conosco, ed è il miglior agente di cambiamento positivo che potete trovare oggi».
La Stampa.it