Immaginate un tempio che sia anche ospedale e, perché no, che faccia le funzioni pure di una spa. Un luogo immerso in una natura da favola dove riunirsi per pregare o per chiedere ai sacerdoti un oracolo sul futuro. Ma dove poi ci si può immergere, persino in pieno inverno, nell’acqua bollente e curativa di piscine di ogni misura per trovare conforto alle debolezze del corpo sotto gli occhi benevolenti delle divinità. Fondato e vissuto dagli etruschi, che qui erano di casa, e poi passato di mano ai romani con una osmosi di scienza, religione e cultura che sembra avere davvero pochi uguali nel mondo antico, il santuario del Bagno Grande a San Casciano in Toscana era un po’ tutto questo. “Uno spazio di cura e di preghiera” sintetizza Jacopo Tabolli, l’archeologo dell’università per stranieri di Siena che dal 2019 guida la missione di scavo per riportare alla luce l’antico santuario.


Tutti interrogativi che le prossime stagioni di scavo potrebbero contribuire a chiarire, si appassiona Tabolli. Intanto gli esperti chiamati a raccolta dal team di archeologi sono al lavoro per studiare la geochimica di questa acqua. E chissà che oltre duemila anni dopo le conoscenze mediche degli etruschi non si confermino ancora utili.
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