A Bologna, in via Colombi, il silenzio si è caricato di dolore. Amici, familiari e rappresentanti della comunità tunisina si sono riuniti per ricordare Eddine Bader Essefi, il 19enne morto la sera del 25 aprile dopo essere caduto in strada nel quartiere Barca. Un momento di raccoglimento segnato dalle lacrime, dalla preghiera e da una richiesta che si è levata chiara: “Vogliamo giustizia”.
A pronunciarla, con voce rotta dalla commozione e la traduzione del console tunisino Afif Traouli, è stato Rashed Mhat, zio del ragazzo e fratello della madre. Giunto da Siracusa per stringersi ai familiari, ha ricordato Eddine come un giovane pieno di energia e speranze: «Amava la vita, sempre. Doveva tornare in Tunisia quest’estate per il matrimonio della sorella. Aveva già preso il biglietto».
A indagare su quanto accaduto sono i carabinieri, coordinati dalla Procura di Bologna, che ha iscritto nel registro degli indagati due uomini – un italiano e un nordafricano – per omicidio preterintenzionale. Secondo le prime ricostruzioni, la vittima avrebbe avuto un contatto fisico con i due, culminato in una violenta aggressione che ne avrebbe provocato la caduta fatale.
Alla cerimonia erano presenti anche la fidanzata del ragazzo, numerosi amici e Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia. A terra è stata deposta una corona di fiori, simbolo di un dolore che attraversa famiglie, frontiere e culture. «La vita è preziosa – ha detto il console Traouli – e non può essere sprecata con la violenza. Vogliamo capire cosa sia davvero accaduto a Eddine. Ringraziamo le autorità italiane per la collaborazione e chiediamo che la salma possa tornare presto in Tunisia».
Un appello alla verità e al rispetto, in nome di un ragazzo di 19 anni che aveva ancora tutta la vita davanti.