Bisogna sempre controllare la rabbia, anche quando si è in preda all’esasperazione. Mandare a quel paese le forze dell’ordine può infatti costare molto caro. Ne sanno qualcosa Giuseppe Sisti, storico referente del comitato di via Petroni, e la moglie Patrizia, finiti a processo per minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale perché, la notte del 17 novembre 2012, ebbero un vivace diverbio, per usare un eufemismo, con i vigili urbani a cui avevano chiesto di far togliere un auto in divieto di sosta piazzata davanti a casa loro. Denunciati e inquisiti dalla Procura, erano stati puniti con un decreto penale di condanna del gip a sei mesi di carcere, convertiti in una maxi-pena pecuniaria da 45mila euro, da dividere per due.
Sisti e signora, difesi dall’avvocato Federico Fischer, hanno però fatto opposizione e la vicenda è arrivata così in tribunale, dove ieri si è celebrata la prima udienza del dibattimento vero e proprio. In aula sono stati sentiti tre agenti presenti quella sera, anche se mancava la vigilessa (per l’accusa) insultata e minacciata da Sisti.
«Quella sera eravamo in Largo Respighi – ha raccontato uno dei tre – quando siamo stati chiamati dal signor Sisti in via Petroni per un’auto in sosta vietata. Quando i colleghi sono arrivati i toni di Sisti erano gentili, poi però sono degenerati in insulti pronunciati davanti a tutti. Ci diceva: ‘Non vedete quella macchina? Non gli fate un c…? Siete ridicoli, vi dovete vergognare». Secondo le accuse, Sisti era molto agitato e diede anche pugni sull’auto. Una scenata in piena regola che aveva attirato una piccola folla. Nei confronti di una vigilessa avrebbe anche fatto di peggio: «Lei è una incompetente! Lei è kafkiana, sempre che abbia mai letto Kafka», le avrebbe detto con il viso a dieci centimetri di distanza da quello del pubblico ufficiale, prima di pronunciare anche una minaccia: «Prima la meno e poi la strozzo».
Ma su quest’ultima frase la difesa punta a dimostrare che il destinarlo non era la vigilessa, quanto il proprietario dell’auto che, nel frattempo, era arrivato sul posto. La lite sarebbe proseguita con altre frasi dello stesso tenore pronunciate da marito e moglie, fino al culmine al momento di firmare il verbale: «Io non firmo un c…. Arrestatemi, voglio andare in galera. Perché non i arrestate? L’avvocato non lo voglio». E la moglie a rincarare la dose: «Denunciatemi pure che ci divertiamo».
Insomma, una brutta storia nata però dall’esasperazione dei residenti che da anni devono fare i conti con caos e degrado che impediscono loro di dormire la notte. Proprio su questo punterà la difesa, sul fatto che si è trattato di una richiesta (forse un po’ sopra le righe) di avere una tutela spesso assente.
«Da anni subiamo una situazione che ci sta costando la salute – si sfoga Sisti – e ora ci accusano anche di questo. Senza contare la cifra astronomica che dovremmo pagare. Le vittime siamo noi».
Alla fine il processo è stato rinviato al 26 giugno. Il Resto del Carlino