Bologna. Maxiprocesso alle cosche in Emilia «Ho guardato i boss negli occhi»

tribunaleENORME. Credo sia l’aggettivo giusto per descrivere il maxiprocesso scaturito dall’operazione Aemilia della Dda di Bologna.
Enorme, infatti, è il numero degli imputati: 240 dopo il ricongiungimento del secondo filone, con reati contestati, che vanno dall’associazione mafiosa, ai reati fiscali.
Enorme è l’aula che ieri mattina ha accolto l’udienza preliminare, allestita in un padiglione delle Fiere di Bologna con circa 600 posti. Un processo che certamente resterà nella storia; per me un ricordo indelebile nella memoria. Perché per la prima volta seguo il processo da un punto di vista nuovo, non come giornalista o, almeno, non proprio. In questo processo, infatti, io sono parte offesa per il mio lavoro di giornalista. Un ex poliziotto, ora imputato, mi ha chiamato al telefono a gennaio 2013 per dirmi di non scrivere più articoli sulla famiglia di un soggetto poi arrestato per associazione mafiosa perché era suo caro amico.
Ieri mattina in udienza preliminare lui non era presente. Presente il suo avvocato.
In aula, quello che mi impressiona di più sono le quattro gabbie: il nero delle sbarre contrasta con il bianco delle pareti e dei tavoli. Dentro ci sono una ventina di detenuti. Qualcuno si siede tranquillo, altri salgono in piedi sulle panche per vedere meglio. C’è anche chi si avvicina alle sbarre e fa gesti alle persone sedute in aula come avevo visto fare – fino ad ora solo per tv – nei maxi processi.
Nicolino Grande Aracri, ritenuto il boss dell’associazione mafiosa che si è insediata in Emilia, compare in videoconferenza, come altri otto imputati detenuti al carcere duro. È seduto ricurvo sulla sedia, sembra così diverso dalla foto scattata dagli inquirenti in cui, con il suo vestito elegante, usciva dallo studio dei una consulente finanziaria, ora imputata.

IO HO PRESENTATO richiesta di costituirmi parte civile con gli avvocati Roberto Sutich e Rossella Botti. Accanto a me, anche l’Ordine regionale dei giornalisti e l’Aser, l’associazione stampa dell’Emilia Romagna.
Sono state in tutto una trentina le richieste di costituzione: enti pubblici e associazioni antimafia, per lo più. Perché i privati parti offese che hanno deciso per la costituzione di parte civile sono stati solo quattro, me compresa. Un dato che mi fa riflettere sulla realtà emiliana, perché le persone offese che erano state individuate dai magistrati erano un’ottantina.
L’orario fissato per l’inizio dell’udienza era le 8.30, ma era già intuibile che si sarebbe andati per le lunghe. Il sistema di sicurezza dell’aula era ben predisposto e, inevitabilmente, vista l’enorme mole di avvocati, imputati, parti offese, non era pensabile entrare senza fare la fila. La sala è divisa in quattro settori: il mio è l’A, quello destinato alle parti civili, proprio alle spalle dei pubblici ministeri Beatrice Ronchi, Marco Mescolini, Enrico Cieri e Massimiliano Serpi. Alle 11 si comincia con l’appello degli imputati, poi tra parte civile, eccezioni, riunione dei due filoni, calendarizzazione si arriva sera. E lunedì altra udienza: entro la fine di dicembre ne sono già state fissate una trentina.

 

Resto del Carlino