Bologna. ’Ndrangheta, giallo al processo Sms di minacce a un imputato

Polizia: l'auto della volanteLE PAROLE hanno un peso. In un processo per mafia di più, diventano macigni. Soprattutto se messe nero su bianco in un sms minaccioso che una delle parti civili dice di aver ricevuto nei giorni scorsi, dopo aver formalizzato la sua costituzione all’interno del processo Aemilia. ‘Non passare dall’altra parte’. Sarebbe questo, in soldoni, il contenuto del messaggino, piuttosto articolato.
Il colpo di scena è arrivato ieri, a margine della seconda udienza preliminare, quella più tecnica; quella in cui non è accaduto altro che lo snocciolarsi delle opposizioni alle costituzioni di parte civile (una trentina, in tutto, fra persone fisiche, enti e associazioni).
Ma in un processo destinato a fare la storia della nostra terra, nulla si può dare per scontato. E nulla, va lasciato al caso. Di certo, non un sms intimidatorio.
Per questo l’avvocato dell’uomo ha deciso di presentare una memoria ai pm antimafia Marco Mescolini e Beatrice Ronchi e sta valutando eventuali altre azioni da intraprendere. Al centro dell’inquietante episodio c’è una delle parti offese, che compare nel processo anche come imputato.
Dopo l’udienza di mercoledì, sarebbe arrivato sul suo telefonino un lungo messaggio in cui si farebbe riferimento alla sua costituzione di parte civile. Non ci sarebbero minacce esplicite, tuttavia il contenuto sarebbe inequivocabilmente intimidatorio.
PER QUESTO il suo difensore ha deciso di denunciare tutto, in alcuni fogli consegnati nelle mani della magistratura. Loro potranno decidere di agire in autonomia, mentre il legale valuta invece se intraprendere altre azioni.
Nel frattempo è attesa per domani, data della prossima udienza, la decisione del gup Francesca Zavaglia, sulle richieste di costituzione di parte civile, dopo che ieri sono fioccate le contestazioni: in particolare sul fatto che molti enti e associazioni si siano costituiti indiscriminatamente contro tutti gli imputati, per qualsiasi tipo di reato. In una sorta di ‘copia-incolla’ indistinto, che non tiene conto nemmeno della territorialità del reato. Il Comune di Reggio Emilia, ad esempio, chiede danni anche per reati avvenuti nel mantovano, che ruotano attorno a un’azienda di Milano. Stando a ciò che trapela informalmente, poi, alcuni legali hanno intravisto da parte della procura una disponibilità a valutare patteggiamenti intorno a un anno e mezzo di reclusione (pena sospesa) per gli imputati ‘minori’: i prestanome e coloro che sono accusati di false fatture. Tutto rinviato, comunque, già a domani.