Bologna. Smascherato falso alibi fornito da un notaio sammarinese

Accusato di aver rubato preziosi per oltre 700mila euro ai danni di un’anziana pensionata di Bologna il giostrai Ivan Bonora disse che al momento del furto si trovava a San Marino assieme ad un notaio che testimoniò in suo favore ma dopo la scarcerazione a sorpresa arriva la richiesta da parte del pm di una pesante condanna assieme all’accusa di favoreggiamento per chi ha dichiarato il falso.

Nella vicenda San Marino ha avuto un ruolo marginale ma la notizia del suicidio della farmacista Vera Guidetti risuonò anche in Repubblica e fece e fa ancora molta impressione.

I fatti risalgono al 2105 e sono riconducibili al furto di gioielli per un valore complessivo di circa 700.000 euro avvenuto a Bologna ai danni di una pensionata. A metterlo a segno sarebbe stato il giostrai pregiudicato Ivan Bonora che nonostante i gravi indizi a lui riconducibili venne scarcerato a sorpresa grazie alla dichiarazione di un notaio di San Marino che testimoniò a suo favore fornendogli l’alibi di trovarsi in Repubblica proprio mentre il furto veniva commesso.

Alibi poi smontato visto che la procura di Bologna ora chiede di condannare il pregiudicato di origine senti a sei anni di carcere per furto e ricettazione, la moglie Linda Piva a due anni e otto mesi per furto, e il figlio Maverik e il fratello Juri a due anni per concorso nel furto. Per chi ha fornito l’alibi poi rivelatosi falso il giudice ha chiesto la condanna per favoreggiamento in subordine a quella, nel caso non dovesse reggere, di concorso.

La sentenza è fissata per il pomeriggio dell’11 giugno. Il Bonora pare abbia consegnato parte della refurtiva alla farmacista di Bologna Vera Guidetti che successivamente interrogata dal procuratore aggiunto Valter Giovannini si sarebbe tolta la vita perché come lei stessa scriverà in un biglietto lasciato prima della morte nella sua abitazione sarebbe stata trattata come una criminale.

La morte avvenne con un’iniezione di insulina che la donna fece anche all’anziana madre la quale però fu soccorsa e portata in ospedale. Per questa vicenda il magistrato ha ricevuto dal Csm la sanzione disciplinare della censura, confermata dalla Cassazione lo scorso 18 aprile, per aver trascurato le garanzie difensive a tutela della donna.

Brutta storia che dopo oltre tre anni pare potrà trovare il prossimo giugno un suo epilogo.

La RepubblicaSM