Broker rapito tra i “furbetti” “Non ho nulla da nascondere”

VARESE Il suo nome compare nella “lista nera” pubblicata ieri dal Giornale di Vittorio Feltri. Il varesino Riccardo Cornacchia, classe 1965, broker di professione, sarebbe uno dei «furbetti di San Marino». Cioè uno dei 1170 italiani che hanno un conto presso la Smi Bank di San Marino. La lista, racconta Il Giornale, è frutto di una rogatoria con cui il pm romano Perla Lori alla fine del 2009 aveva chiesto alle autorità sammarinesi documenti relativi alla San Marino Investment: vale a dire la holding che nel 2007, proprio attraverso la Smi Bank, salvò da un crac da 16 milioni di euro l’ormai scomparsa banca del Titano.

Quello di Cornacchia è un nome conosciuto a Varese. Anche se lui, a dirla tutta, avrebbe fatto volentieri a meno di tanta notorietà. Il fatto è che il 21 aprile 2008 fu vittima di un rapimento-lampo iniziato alle 8 nella sua casa di via Donizzetti, a Varese, e finito attorno alle 22.30 con la liberazione nei pressi del Grand Hotel di Como, a Cernobbio. Dietro quel misterioso e per molti versi anomalo sequestro ci sarebbe stato un presunto (e mai provato) debito vantato da un fantomatico investitore anglo-spagnolo nei confronti del broker e di un collega. Ma la giustizia ha già fatto il suo corso, condannando in primo grado tutti e quattro i sequestratori (due napoletani e due marchigiani) a pene variabili fra i 6 anni e mezzo e i 27 anni di reclusione.

Adesso che la vicenda era ormai sulla strada dell’oblio, Cornacchia si ritrova ancora una volta sulla ribalta nazionale. E, ancora, accerta obtorto collo i riflettori accesi sopra di lui. «Guardate, io con i furbetti non c’entro proprio nulla – assicura il broker – quel conto risale a un periodo in cui operavo a San Marino. Tutto alla luce del sole, tutto dichiarato: tant’è vero che il conto non è cifrato, ma è nominativo. E non avrebbe potuto essere altrimenti, perché sennò non avrei potuto lavorare lì. Se non ricordo male, quel conto lo avevo aperto all’inizio del 2006: poteva essere a febbraio, forse marzo. E l’avevo chiuso pochi mesi dopo: a luglio, mi pare. Credo che non abbia mai avuto una giacenza superiore ai 15 mila euro».

Insomma: era un conto di “servizio”, assicura Cornacchia, mica un espediente buono per gabbare il fisco italiano. Un conto indispensabile a tutti quei professionisti della finanza che, come lui, operavano anche sul Titano. «Era un conto su cui transitavano le commissioni di storno dalle banche sammarinesi – conferma il professionista – era lì che finivano i soldi che incassavo per le mie intermediazioni finanziarie. Tutto regolare».

L’elenco in mano alla procura romana comprende anche nomi eccellenti. Ci sono imprenditori, manager, ma anche personaggi dello sport e dello spettacolo. Tra questi ultimi, fra i più noti, anche Adelmo “Zucchero” Fornaciari. «Nella lista ci sono quattro o cinque nomi che conosco – conferma Cornacchia – ma si tratta di broker come me: presumo che facessero dei loro conti quello che ci facevo io».

Uno dei tanti misteri che circondano il rapimento riguarda una somma pari a circa 1,7 milioni di sterline ufficialmente di proprietà di una banca. Nel luglio 2007 venne “parcheggiata” da Cornacchia, per conto della Simis sa (fiduciaria svizzera della quale era direttore), in una banca sul Monte Titano. Venne sistemata lì per evitare che finisse, per errore, nel “calderone” della Simis, e che quindi venisse confiscata in seguito ai guai patiti dalla società (accusata di aver svolto indebitamente attività bancarie) con le autorità elvetiche.

fonte: laprovinciadivarese.it