“Matteo Renzi è il nuovo Cinghialone?”, si chiede Bruno Vespa in un profetico editoriale su Il Giorno. Chingialone, ovviamente, era Bettino Craxi, così definito nel bel mezzo dell’assalto prima politico e poi giudiziario di cui era il bersaglio grosso, il “Cinghialone” appunto. “A Renzi – prosegue Vespa -, per fortuna, il secondo sarà risparmiato per evidente differenza ambientale. Ma la violenza del primo rinfresca brutte memorie”. Dunque il giornalista ricorda come Tonino Tatò, principale collaboratore di Berlinguer, definiva Craxi “un avventuriero fascistoide”. “Non credo che Massimo D’Alema – continua Vespa – farebbe molta fatica a usare una frase simile per il suo nemico numero uno”.
Eppure, il destino di Renzi non è segnato. “Ma la battaglia che si farà più violenta dopo le elezioni siciliane – prosegue il commento -, troverà il Cinghialone più protetto e agguerrito dell’altro. Protetto dal milione 800mila voti delle primarie che l’hanno reinsediato al posto di segretario del Pd. Agguerrito perché a Renzi non mancano armi politiche efficaci”. Dunque, Vespa ricorda come la “manina” dell’ex premier abbia spinto Boschi, Lotti, Del Rio e Martina a disertare il CdM che ha proposto la riconferma di Ignazio Visco, e questo, scrive Vespa, “nonostante nelle stesse ore Renzi mi abbia detto che il rapporto con Gentiloni non è incrinato”.
Ma si torna alla caccia al nuovo Cinghialone. “Da due giorni i cacciatori hanno la guida autorevole del presidente del Senato Pietro Grasso“. Dunque, Vespa rimprovera a Grasso il fatto di aver atteso “quattro anni e mezzo” per lasciare il gruppo parlamentare d’origine (così come di solito fanno le seconde cariche dello Stato) e torna a ragionare sulla legge elettorale. E, in conclusione, sottolinea ancora: “Grasso sarà probabilmente la bandiera del partito di D’Alema e Bersani. Ottima scelta. La caccia è cominciata. Ma anche il Cinghialone affila le zanne…”. Ma su chi vincerà la battaglia, ad ora, le idee non sono ancora chiare.