Ore di attesa e tensione a Bruxelles per il caso di Ilaria Salis. Dopo settimane di dibattito politico e attivismo dentro e fuori l’Europarlamento, oggi la commissione Affari Giuridici si pronuncerà sulla richiesta di revoca dell’immunità nei confronti dell’eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra. Un passaggio che non segna ancora il verdetto finale — quello spetterà all’Aula nella prima settimana di ottobre — ma che di fatto pesa come un banco di prova.

Ieri, alla vigilia del voto, Salis ha diffuso un ultimo appello in cui ha ribadito la volontà di affrontare un processo, ma in Italia. Secondo la sua posizione, l’Ungheria non garantirebbe un dibattimento imparziale: da qui l’appello diretto al governo italiano, invitato a favorire la possibilità di un processo nel Paese d’origine.
Lo scenario, alla luce dei numeri, appare incerto. In commissione, 11 eurodeputati — Socialisti, Verdi, Sinistra e Liberali — si sono dichiarati pronti a difenderne l’immunità. Sette, invece, risultano orientati per la revoca: si tratta delle delegazioni sovraniste e dei conservatori, tra cui l’italiano Mario Mantovani. Decisivo sarà il comportamento dei Popolari europei: l’attuale posizione ufficiale indica un orientamento per la revoca, ma tra i ranghi pesa la relazione del relatore, lo spagnolo Adrián Vázquez Lázara, anch’egli PPE, che mette nero su bianco la “assenza di fumus persecutionis”. Una formula che sta creando tensioni interne e potrebbe portare a defezioni.
A intrecciare ulteriormente la vicenda c’è la coincidenza con il voto sull’immunità di Péter Magyar, l’eurodeputato popolare ungherese ed ex uomo di governo, oggi leader dell’opposizione e principale sfidante di Orbán. Per il PPE bilanciare i due casi avrebbe il senso di un messaggio politico contro la giustizia ungherese, ma il rischio, temuto da più d’uno, è che Orbán rovesci la situazione a proprio favore durante la campagna elettorale per le politiche di aprile.
La questione non riguarda soltanto la sorte giudiziaria di Salis, ma anche la credibilità delle istituzioni europee. Lo ha sottolineato l’eurodeputata Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento UE, invitando i Popolari a non assecondare Orban e a difendere l’autonomia democratica dell’assemblea, accusando il premier ungherese di utilizzare metodi repressivi “sulla scia di Putin”.
Quelle ore di sospensione che precedono il voto di oggi hanno il sapore di un bivio: la scelta dell’Eurocamera sarà un segnale sulla difesa dei diritti e sull’indipendenza dell’istituzione europea o l’ennesima pagina inghiottita dalle tensioni della politica interna magiara.