SI RISCHIANO 8 mesi di immobilismo urbanistico con pochissimi lavori pubblici, il vicesindaco Leo Cibelli conferma ora che senza vendita della farmacia comunale difficilmente si potranno mantenere alcune promesse ai cittadini che attendono da mesi strade nuove e nuovi interventi. Tra i tanti lavori che non verranno fatti anche oltre 100mila euro di potature attese da mesi, ma ora rinviate a data da destinarsi.
«Mi dispiace molto e vorrei scusarmi pubblicamente con tutti quei cittadini ai quali avevamo annunciato lavori pubblici – dice Leo Cibelli, vicesindaco – ma non è dipeso dalla mia volontà, il consiglio comunale di lunedì sera ha deciso in un determinato modo. Ora posso solo dire che cercheremo di fare il minimo indispensabile». Niente potature, niente marciapiedi o asfalti, niente ristrutturazione del bus-terminal come nuova sede della Guardia di Finanza, ma anche rinviati numerosi interventi straordinari di riqualificazione di numerose strade cittadine (programmati inizialmente oltre 20 interventi ndr) i cui lavori erano già stati pianificati (via del Porto, via Trento, via D’Azeglio, via Petrarca oppure agli arredi e ai lampioni di viale Bovio, ecc.). Il vicesindaco spiega che addirittura si dovrà tornare in consiglio comunale per rivedere il bilancio e mettere nero su bianco la mancanza di risorse inizialmente previste:
«A questo punto è necessaria una variazione di bilancio per escludere le risorse, previste inizialmente dalla vendita della farmacia, messe nel piano degli investimenti, e dunque di circa 1 milione e 250mila euro ed elencate nel bilancio di previsione per i vari interventi e determinati cantieri. Dobbiamo essere concreti e dire bene ai cittadini che tante cose non si potranno fare». Ma c’è anche chi difende sempre la scelta di non vendere la farmacia. Il consigliere di minoranza Enrico Del Prete (gruppo Arcobaleno/Sel-Rifondazione Comunista) dice che «da tempo sosteniamo che le risorse per le manutenzioni possono essere trovate all’interno del bilancio, certo non immune da voci di spesa superflue, inoltre la farmacia comunale resta un bene pubblico sul quale ragionare per un rilancio economico ed un maggior introito comunale». L’Arcobaleno ha reso noto pure il parere di AssoFarm: «Vendere le farmacie comunali per pure ragioni di cassa è quantomeno un’operazione poco lungimirante – dice il presidente di Assofarm Venanzio Gizzi – esperienze pregresse in altre città dimostrano che il prezzo di vendita è sempre inferiore al reale valore della farmacia, e peraltro registriamo centinaia di casi in cui una buona gestione è in grado di produrre utili. Le farmacie comunali non sono un ramo secco. Al contrario, se ben amministrate, costituiscono un investimento in grado di produrre entrate continuative nel tempo, per di più offrendo un servizio essenziale e molto apprezzato da parte dei cittadini».
Resto del Carlino