Il calcio, quel gioco che incanta milioni di tifosi e anima le speranze di intere nazioni, si trova nuovamente a fare i conti con una deriva allarmante, tra minacce e insulti razzisti minimizzati o addirittura ignorati. Si farà finta di nulla?
Il caso di Ciro Immobile, talentuoso attaccante della Lazio e della Nazionale, è emblematico di quanto sia diventata ormai diffusa la violenza. Aggredito fisicamente e verbalmente mentre accompagnava suo figlio a scuola, il calciatore ha denunciato un clima di odio.
Ancora più preoccupante è la reazione delle istituzioni calcistiche. Il presidente della Lazio, Claudio Lotito, minimizza l’incidente, confrontandolo con le minacce che riceve personalmente da anni. Un atteggiamento di indifferenza che riflette una cultura di impunità, comunque la si giri, inaccettabile.
Ma non è solo la violenza fisica a minare il tessuto del calcio. Il caso di Francesco Acerbi, escluso dalla Nazionale italiana a seguito di presunti vergognosi e irripetibili epiteti rivolti a Juan Jesus sul colore della sua pelle durante una partita, evidenzia un’altra forma di intolleranza dilagante. Nonostante le smentite, è necessario andare a fondo. Più in generale serve un intervento deciso per condannare qualsiasi forma di discriminazione e razzismo.
In un momento in cui lo sport dovrebbe essere un catalizzatore di unità e inclusione, non possiamo permettere che la violenza e l’odio minino i suoi valori fondamentali. Le parole d’ordine devono essere rispetto, solidarietà e inclusione.
Per essere ancora più chiari bisogna fermare una certa fastidiosa ipocrisia. Intollerabile fingere di non vedere le ombre, solo perché offuscati dal tifo o dalla convenienza del momento.
Le misure punitive paiono insufficienti o troppo blande per affrontare seriamente la situazione.
Si devono cambiare per davvero le regole del gioco: le squadre non dovrebbero più scendere in campo.
Gli stessi supporter, quelli veri, dovrebbero organizzare uno sciopero del tifo, decidendo di non assistere alle partite fino a quando non saranno prese misure concrete contro il razzismo e la violenza.
Altrimenti assisteremo alla solita pantomima fino al prossimo inverecondo insulto o inaccettabile minaccia.
Ricordate? Quando i principali club europei hanno annunciato la creazione della Super League, i tifosi hanno reagito con indignazione e proteste veementi. Le piazze, virtuali e non, sono state invase da migliaia di persone. Le federazioni calcistiche hanno promesso sanzioni e persino i politici si sono mossi per contrastare una mossa che colpiva l’equilibrio e l’integrità del calcio europeo!
Una disparità di reazioni che solleva domande fondamentali sulla nostra società e sui suoi valori.
Domande a cui è abbastanza agevole dare risposta: se di mezzo ci sono i soldi diventano semplicemente tutti più solerti.
Non sottovalutiamo quello che succede sotto i nostri occhi. Il grave pericolo che corriamo ce lo ha provato a spiegare Primo Levi: “A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager”.
David Oddone
(La Serenissima)