Calcio. Blatter – Platini, giorno del giudizio

Michel PlatiniÈ ARRIVATO il judgement day che potrebbe cancellare nelle poche righe di un verdetto, presente e passato della Fifa. E andrà in scena in mattinata, quando il capo della Commissione giudicante del Comitato etico Hans Joachim Eckert, renderà nota la sentenza sul caso della collaborazione da 2 milioni di franchi svizzeri pagata da Blatter a Platini.
I Grandi Nemici costretti a condividere la stessa sorte, dunque, ma con stato d’animo diverso. Blatter ha sposato la via del vittimismo, raccontando di aver visto gli angeli quando, nelle scorse settimane ha avuto seri problemi di salute. Non c’è stato giorno in cui Re Sepp non abbia sottolineato la sua innocenza, tratteggiata con il profilo dell’ingenuità. Stupito, Blatter, di come non si fosse reso conto del marciume che per anni ha intaccato la Federazione mondiale del pallone. Credibile? Fate voi.
In realtà, Blatter pare un personaggio shakespeariano che, a dispetto dell’immagine che prova a dare di sè, in molti raccontano come rancoroso, incattivito, determinato ad affondare, sì, ma non da solo. Un fantasma pieno di potere che si aggira nei corridoi Fifa determinato a lasciare il segno. L’ultimo.
ALLA SBARRA accanto a Blatter, c’è l’ex amico di tante battaglie Michel Platini. Divenuto nemico per una promessa non mantenuta. Nel 2011 Blatter giurò a Le Roi che in cambio dell’appoggio dell’Uefa per la sua rielezione, non si sarebbe più candidato. Giuramento poi dimenticato, violato con la candidatura del maggio scorso, la rielezione e poi le ‘finte’ dimissioni. In quei giorni a Zurigo, tra le macerie dello scandalo Fifa si racconta che Blatter, al quale Platini aveva voltato le spalle, sibilò ai fedelissimi: «Mai Michel al mio posto».
Verità o leggenda? Di sicuro c’è un’esternazione di Platini che, un paio di mesi fa, sottolineò come: «tutto sia iniziato quando mi sono messo contro Blatter», osteggiandone la rielezione.
Dietro al verdetto di oggi, dunque, ci sono mille verità. Quella del vittimismo stucchevole di Blatter, della faida tra quest’ultimo e Platini, del «complotto» più volte denunciato dal clan dell’ex numero 10 della Juve. Teoria della cospirazione sostenuta nelle segrete stanze dell’Uefa e poggiata su episodi da spy story. Dal dossier anonimo inviato da Zurigo ai giornali nel luglio scorso intitolato: «Gli scheletri nell’armadio di Platini», alla sospensione per 90 giorni di entrambi, fino alle inspiegabili lungaggini dei giudici Fifa – un esempio su tutti: Platini è stato rinviato a giudizio il 3 novembre, ma gli è stato comunicato due settimane dopo – tese a dilatare i tempi per impedire a l numero uno dell’Uefa di sostenere la propria candidatura. Intendiamoci: Platini è stato per molti anni al fianco di Blatter, i due hanno lavorato insieme troppo a lungo perché Platini non fosse consapevole o, almeno, non avesse sospetti sul modo di gestire il potere all’interno della Fifa. Troppo legati per non pensare a una resa dei conti dura, spietata, implacabile. Anche al punto di affondare pur di trascinare giù l’ex amico, delfino e protetto Michel Platini.
L’ULTIMO atto prima del verdetto li ha visti ancora una volta su sponde diverse. Platini s’è rifiutato di comparire davanti ai giudici, convinto di subire un «processo politico», Blatter ha parlato con Eckert, giudice a lui molto vicino, per otto ore, raccontando la sua verità. E, giura qualcuno, senza dimenticare l’ex amico Michel.

Resto del Carlino