DICIAMOLO con grande sincerità: se sabato sera a San Siro il match fosse finito in altro modo, tutti (o quasi) avrebbero atteso Mancini al varco rinfacciandogli bocciature clamorose (Icardi accantonato in panchina insieme a Kondogbia) e altre clamorose scelte di formazione (su tutte l’aver “rispolverato” D’Ambrosio). E invece è finita come tutti sappiamo: l’Inter ha battuto la Roma (senza subire gol), si è ripresa il primo posto in classifica (anche se da ieri è in condominio con la Fiorentina) accendendo una stagione dove ora è lecito sognare e il Mancio ha stravinto su tutti i fronti, disinnescando sul nascere eventuali fragorose polemiche. Anche se, dopo 4 campionati e 9 coppe in bacheca, nessuno ha mai messo in dubbio che fosse un bravo allenatore. Ma con la Roma il tecnico jesino è andato oltre: ha avuto coraggio, ha dato autostima e orgoglio non solo ai calciatori tolti dalla naftalina ma a tutto il gruppo, facendo chiaramente capire che nessuno può e deve sentirsi fuori dai giochi e che la squadra non è Maurito-dipendente. E fa niente se l’Inter non è sinonimo di spettacolo: magari non sarà bella da vedere però ha una solidità che tutti le invidiano. Solo in quattro occasioni ha subìto gol, e la sesta vittoria per 1-0 vorrà pur dire qualcosa, vorrà pur sancire il ritorno dei nerazzurri nell’elite del calcio italiano. L’obiettivo minimo resta il terzo posto per la Champions, ma il campo dice che l’Inter può vincere lo scudetto. Nonostante un centrocampo muscolare e senza registi, nonostante manchi lì davanti un bomber che segni con continuità: perché la vera forza dei Mancio-boys, in questo momento, è lo schermo protettivo costruito davanti alla blindatissima difesa. Dove Medel è uno dei pilastri di riferimento e ormai idolo ormai incontrastato di un pubblico che nonostante desideri il bel gioco si innamora soprattutto di chi dà tutto per la maglia. E’ inutile, dunque, pretendere dall’allenatore anche lo stile nel gioco. Comprensibile pretendere una maggiore efficacia nelle ripartenze, un po’ più di precisione nei passaggi e nelle verticalizzazioni e soprattutto una maggiore attitudine a non farsi schiacciare nella propria area. Dalla battaglia contro la Roma escono vincitori, oltre Medel, anche e soprattutto Brozovic, il quale ha finalmente compreso che i ragionieri nel calcio devono giocare con la bava alla bocca; e poi la premiata ditta Murillo-Miranda senza dimenticare Handanovic che ha ottenuto la tregua dai suoi numerosissimi detrattori sfoderando parate decisive in serie. Intanto già ieri mattina la squadra (senza il Mancio che rientrerà a Milano solo domani) è tornata in campo per una seduta di “scarico”, mentre oggi ci sarà riposo per tutti. I riflettori si sposterannno sul presidente Thohir, in città per una visita-lampo. Dopo un paio di interviste concordate da tempo, l’uomo d’affari indonesiano incontrerà la dirigenza ma soprattutto si confronterà con Massimo Moratti che ha già fatto chiaramente sapere di voler disfarsi delle sue quote. Thohir lo ascolterà ma è difficile che possa essere lui a ereditare il 29,45% delle azioni al momento nelle mani del suo predecessore.
