«VÀRDELO BEN, vàrdelo tuto / l’omo ’rabiato come el xè bruto». C’è il lato oscuro della forza e il lato oscuro di Mancini. Che non ha bisogno di effetti speciali per venire a cozzo coi suoi giocatori e non solo in Beneamata. Da Osvaldo a Jovetic, da Balotelli a Tevez sono e sono stati duelli tangenti e secanti. Non con tutti, si capisce, è scontro frontale, sennò il tecnico jesino non allenerebbe nemmeno la Polisportiva Liberi & Belli. Però, come si vede, i suoi antagonisti non sono mai alluci di seconda fila: se il Mancio deve proprio litigare – contraddicendo la sua indole in apparenza posata, pensosa, nobilmente malinconica – lo fa solo con i prim’attori. Anche perché litigare con una riserva spiaggiata o con uno della Primavera, fa meno notizia. Sia chiaro: lui, il Mancio, ha ragione quando dice che le discussioni da spogliatoio (anche quelle prossime alla zuffa) sono il sale (inglese) della vita calcistica, ma devono restare una faccenda del privato collettivo di una squadra. Che le talpe siano da biasimare (ce n’è sempre dappertutto) siamo tutti d’accordo, ma si sa che non tutto resta in casa e l’atto dovuto nelle smentite non stempera comunque il sospetto che tra docce e olio canforato, o reconditi paraggi, il Mancio non le mandi a dire secondo le regole del segretario galante. Il caso Jovetic – scambio vivace di opinioni del tecnico con il buon Stevan, messo poi in una mezza quarantena – è l’ultimo di una serie di duelli a modo loro d’alto livello. La causa scatenante è quasi sempre un deragliamento comportamentale in campo, una deriva dall’ideale manciniano di disciplina. Il Falconiere dell’Esino tollera a fatica certi atteggiamenti, certe dichiarazioni: anche con Icardi, che giustificava la sua stipsi realizzativa per lo scarso apporto di palloni al suo piede, non ci sono stati momenti di struggente tenerezza. E forse nemmeno con Ranocchia, la cui titolarità è stata travolta dalla coppia di fatto Miranda-Murillo. Va detto però che di solito i duelli non sono privi di conseguenze (per il giocatore): l’anno scorso, con Osvaldo che aveva mandato a quel paese Icardi per un mancato assist, volarono gli stracci e alla fine l’italoargentino manesco fu condannato all’esilio. Più indietro nel tempo e un po’ più in su di latitudine, ritroviamo lo stesso, episodico, ribollente Mancini: al Manchester City non gli mancarono le occasioni. Con Tevez guerra a puntate, castighi, ripicche e poi una fredda pace che portò uno scudetto; con Balotelli quasi un figlioccio, ci fu un rendez vous furente col Mancio a strattonargli il bavero perché in allenamento aveva rischiato di far male a Sinclair. Forse, tornando all’Inter, lo jesino qualche confronto lo ha avuto anche con Vidic, anche lui travolto dalla rivoluzione del reparto difensivo: ieri la notizia, dopo mesi di flanella forzata, della risoluzione consensuale del contratto.
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