Calcio. Estasi Donadoni

Donadoni-744x445SARÀ FACILE ricordare la data di questa impresa del Bologna. Era il giorno della Befana, che si aggirava per San Siro travestita da Giaccherini. Suo il gol che passerà alla storia, come quelli di Di Vaio e Valiani del 31 agosto 2008. Il Bologna quasi a centro classifica, il Milan sotto severa contestazione del suo pubblico. Mihajlovic rischia il posto sempre di più e Donadoni ‘rischia’ che a fine stagione il suo vecchio Milan si decida a chiamarlo. Meno male che non ci ha pensato prima. Che non ha ascoltato neppure il suggerimento di Ancelotti: in uno slancio di generosità, Carletto aveva detto allo stato maggiore del Milan di mettersi nelle mani dell’amico Roberto. Donadoni è la chiave del ritorno rossoblù alla tranquillità. Questa è la sua terza vittoria fuori casa, dopo quelle di Verona e di Genova. A San Siro, casa sua per una vita calcistica, ci era entrato fra gli applausi che hanno unito per un minuto le due tifoserie. E ci è uscito con un sorriso malcelato, mentre Galliani («Vattene») e i giocatori («Andate a lavorare») venivano sepolti di fischi e di improperi.
CHE COSA abbia impedito ai grandi club e al Milan in particolare di credere nelle capacità di Donadoni è difficile da capire. Probabilmente è un problema di contagio da personaggio. La ‘Mourinhite’ è stata una malattia difficile da debellare, dopo che l’Inter con lo Special One aveva messo il triplete in bacheca. Impediva ai più di vedere nella semplicità e nella saggezza di Donadoni e di quelli come lui, gli uomini giusti per esaltare l’ambiente e i calciatori. Poi i club hanno trovato l’antidoto. Il Bologna, se avesse viaggiato dalla prima giornata al ritmo che Donadoni gli ha imposto, oggi sarebbe in lizza per un posto in Europa.
Chi abbia messo in ginocchio il Milan, al contrario, è facile da dire: Mirante gli ha impedito di segnare, compiendo parate da fenomeno e al momento giusto (37’ della ripresa) Giaccherini ha colpito la difesa rossonera che era rimasta senza rete di protezione. Tutti in avanti, i rossoneri, a cercare quel gol che tante occasioni avrebbero legittimato. Ma la difesa da sola non regge l’urto di nessuna squadra, neanche quello del Bologna.
SE DA UNA PARTE Donadoni ha dato certezze e calma al Bologna, che spesso nell’impatto con San Siro si era sentito piccolo e vulnerabile, dall’altra Mihajlovic, da tempo sulla graticola di Berlusconi, si è fatto prendere dalla frenesia, perdendo il confronto con il Grande Ex. Forse è un caso, forse no, ma quando Mihajlovic ha tolto Niang, dopo che il francese aveva effettuato la più bella giocata della partita (assist sprecato da Cerci), il Milan ha perso ritmo, il Bologna si è spinto in avanti con maggior convinzione di prima e ha trovato il gol di una vittoria che pareva impossibile, in una partita che aveva esaltato soprattutto Mirante. Questa vittoria del Bologna assomiglia molto a quella di Marassi: squadra a lungo in trincea, con il portiere migliore in campo e secondo tempo all’attacco con la complicità dell’allenatore avversario che toglie di mezzo il suo giocatore migliore (Tino Costa a Marassi, Niang stavolta). Ma tre punti a San Siro hanno un destino differente dagli altri: rimangono nella memoria di una città intera.

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