CINQUE SQUADRE in quattro punti. E due partite alla fine del girone d’andata. Sono i numeri della serie A più incerta alla vigilia della ripartenza 2016. E chi più di Aldo Serena, campione d’Italia con le tre maglie più titolate, può interpretare un torneo che fino a oggi ha visto alternarsi ben quattro squadre in vetta. «Testina d’oro» per la sua abilità nel colpo di testa, era uno di quelli che si buttavano su ogni pallone, quelli che non mollavano mai, ma sempre con la valigia pronta, soprattutto tra Torino e Milano. E oggi, da commentatore tv, analizza con lucidità e senza mezze misure pregi e difetti delle cinque squadre al vertice.
Serena, l’Inter aveva preso un vantaggio rassicurante e invece con la Lazio si è rimangiata tutto…
«Una partita compromessa da due follie di Felipe Melo. Empoli e Sassuolo sono le due provinciali più in forma ma sono convinto che la squadra di Mancini le possa vincere tutte due e diventare campione d’inverno».
Cosa manca ai nerazzurri per prendere il largo?
«Alcuni giocatori hanno deluso, penso in particolare a Kondogbia su cui erano riposte molte speranze. In compenso Ljajic si è inserito molto bene ma quello che serve è un coinvolgimento maggiore di Icardi: gli esterni alti sono troppo egoisti. Con un Maurito più inserito nella manovra non ce n’è per nessuno. Anche perché non partecipare alle coppe europee è un vantaggio non da poco».
Subito sotto c’è una Fiorentina che nessuno poteva immaginare lassù. O no?
«Merito di Paulo Sousa. Montella aveva fatto vedere un calcio brillante ma non molto equilibrato: il portoghese ha trovato la strada giusta per fare meglio. Per di più con un organico che rispetto alle altre quattro lassù è inferiore. Ci si attendeva molto da Suarez e invece il migliore fino a ora è stato Kalinic. L’unico limite che possono avere i viola è quello dell’eccessivo possesso palla: può risultare prevedibile, qualche verticalizzazione in più non guasterebbe».
Il Napoli ha un organico di primissimo ordine. E Sarri non sta pagando lo scotto dell’inesperienza in una grande.
«Aver conquistato una piazza esigente è un merito importante. La chiave di volta dal punto di vista tattico, secondo me, è Hamsik: si è calato subito nell’idea di gioco dell’allenatore partendo da una posizione più defilata rispetto agli anni precedenti. Higuain sta vivendo il suo momento migliore mentre Callejon può sicuramente dare di più alla squadra. L’unico rischio è quello dell’eccessiva pressione: la festa dopo la vittoria sofferta con l’Inter è stata emblematica. Ci sarà da incanalare sui binari giusti un entusiasmo che può essere controproducente».
Di rincorsa, la Juventus sembra essere tornata quella degli anni scorsi. O manca ancora qualcosa?
«In quest’ultimo periodo è tornata la squadra quadrata e cinica che conoscevamo, se escludiamo gli ultimi minuti con il Carpi. Se devo trovare un difetto sono le poche alternative ai titolari di centrocampo. Credo che Gundogan farebbe al caso di Allegri mentre in attacco e in difesa i giocatori hanno ritrovato la condizione e l’atteggiamento mentale dei momenti migliori. La più bella sorpresa è Dybala che si è inserito alla grande nonostante la giovane età. Ha messo in ombra Morata, ma sono convinto che anche lui alla fine saprà essere determinante come lo scorso anno».
Al contrario dei bianconeri la Roma è partita molto bene e adesso sta vivendo uno psicodramma collettivo. Perché?
«La Roma ha sofferto le difficoltà di inserimento di Dzeko. Il momento migliore della squadra capitolina si è palesato quando Salah e Gervinho sono saliti di condizione. Con i loro infortuni, quasi in contemporanea, il gioco ha perso brillantezza soprattutto in contropiede. Complice una fase difensiva da rivedere, tutta la squadra si è disunita. Non aiuta una freddezza evidente fra la società e l’allenatore: quando non c’è unità d’intenti è difficile fare risultati».
Domenica prossima c’è Roma-Milan. Ultima chiamata per il Diavolo in ottica Champions?
«Mihajlovic non è riuscito a lasciare la sua impronta di compattezza e intensità. Anche qui, con il rapporto ormai logorato tra il tecnico e Berlusconi, non sarà facile risalire la china».
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