È un caso di omonimia? Uno scambio di persona, o almeno un disturbo della personalità scissa, una riedizione in salsa calcistica del dottor Jeckyll e mister Hyde, il lato notturno di una figura che agli occhi di molti di noi appare invece come l’incarnazione di un modello luminoso e positivo? Ci aggrappiamo a questa speranza, noi Platini-dipendenti: non nel senso di dipendenti di Michel Platini, ma durevolmente, forse per sempre, incantati dalla sua bravura, dalla sua ironia, dalla sua eleganza, dalla sua classe, dalla sua tecnica, dalla sua personalità, dalla meraviglia del suo talento calcistico ineguagliabile.
Quel miscuglio di esprit francese, temperato dal disincanto delle sue origini italiane, lui, Michel Platini è proprio quello che avrebbe intascato una discreta somma senza motivi che la giustificassero e che perciò è stato sospeso dalla Fifa in compagnia di Blatter, l’anti-Platini, l’uomo del potere esercitato con feroce determinazione, il re degli intrighi che muovono la scena e i retroscena più inconfessabili del calcio internazionale? Lui, Le Roi Michel Platini, è lo stesso Platini che l’avvocato Agnelli andava apposta a Villar Perosa per ammirarlo, compiacersi dell’acquisto fatto e da esibire nella preziosa casacca bianconera, apprezzarne tutto il repertorio, il pallonetto e il tiro di precisione, l’assist geniale e il lancio che scavalcava le difese smarrite? Ma come è possibile? Come?
Poi esistono le formule dell’autocontrollo sociale: «attendiamo l’esito delle indagini», «siamo fiduciosi sul lavoro degli inquirenti», eccetera eccetera. Ma Michel Platini, per molti di noi, e non è detto solo per quelli che hanno un debole per la Juventus, è stato un personaggio mitico, per lo meno nell’accezione secolarizzata e un po’ volgarmente chiassosa che questo termine ha preso nell’epoca dello star system. Non un semplice giocatore di calcio, non una semplice maglia numero 10 (che pure basterebbe come simbolo del fascino e dell’intelligenza applicata al pallone), non un semplice campione, ma la sintesi di tutto questo, il riconoscimento di un «di più» che andava oltre il destino della vittoria o della sconfitta della Juve o dei Bleu della nazionale francese, che pure hanno inanellato anche tante disfatte.
Un principio di nobiltà in campo, di quella impalpabile dote per cui tutte le cose riescono alla perfezione senza apparente fatica, senza i segni dello sforzo e dei sacrifici cui sono costretti i comuni mortali. E invece il Platini sanzionato dalla Fifa, messo in mezzo a una brutta storia di soldi e di sport snaturato, questo Platini solo un po’ ingrassato eppure meravigliosamente simile a quello che indossava regalmente il numero 10, questo Platini smentisce un’intera mitologia, sgretola un’idea, un personaggio, un modello? Viene buttato definitivamente giù dal piedistallo? Attoniti, leggiamo le parole della sentenza di condanna e ci chiediamo cosa avrebbe detto il vero Platini di quest’altro macchiato dalle cronache di questi giorni. E se avrebbe sorriso con quel suo sorriso strafottente e geniale. Ricordando sempre quell’altro, il mito.
Il Corriere della Sera