RIZZOLI, la patente di arbitro che ha diretto una finale dei Mondiali in campo aiuta o pesa?
«A me ha aiutato: nel senso che la possibilità di commettere errori è sempre dietro l’angolo, ma le tue decisioni vengono accettate con più serenità. Tutti ti danno più credito e capiscono che quando sbagli è solo un errore».
Lei nel 2015 ha sbagliato davvero pochissimo, se per il quinto anno consecutivo è stato nominato miglior arbitro della serie A.
«Non era scontato e ne sono felice. Nello sport c’è una regola: è difficile arrivare in vetta, ma è ancora più difficile restarci. Dopo una finale dei Mondiali potevo avere un calo di tensione o di motivazioni. Io che mi conosco bene sapevo di non correre questo rischio, ma mi serviva la controprova del campo».
Promosso a pieni voti.
«Non sta a me dirlo, ma sono contento della regolarità del mio rendimento: è l’elemento che in un arbitro fa la differenza».
E che le ha spalancato le porte di Francia 2016.
«Ci sarò. E rappresenterò di nuovo il movimento arbitrale italiano: sperando di arrivare fino in fondo».
Se ci arriva lei sarà perché non c’è arrivata l’Italia di Conte.
«Nel 2012, agli Europei di Polonia e Ucraina, il portoghese Proença ed io, i due in lizza per la finalissima, eravamo insieme in tribuna a Varsavia a seguire la semifinale Italia-Germania. Al raddoppio di Balotelli lui si è alzato, mi ha guardato e ha allargato le braccia, come per dire: Tocca a me».
Stavolta come andrà?
«Non ho la sfera di cristallo. A Dubai c’era anche il cittì Antonio Conte che mi ha fatto una battuta: ‘Nicola, sappi che faremo di tutto per non farti arbitrare la finale’. Gli ho risposto che il tifo per la Nazionale viene prima di tutto, ma che se l’Italia non dovesse farcela ci proverò io».
Sarri di recente ha consigliato al presidente dell’Aia Nicchi di smetterla di dire che gli arbitri italiani sono i migliori del mondo.
«Pensare di essere i migliori può essere pericoloso, ma quando vai in giro per il mondo tocchi con mano che i nostri arbitri rappresentano ancora un modello. Uno o due arbitri di valore mondiale li hanno anche altre federazioni, ma a livello di gruppo nessuno ha quei cinque arbitri di vertice che abbiamo noi».
Vuol dire che la perdita di posizioni del calcio italiano non si riflette in un declino della nostra classe arbitrale?
«Sì, il nostro movimento non ha perso di qualità. E sono contento anche del fatto che siamo a metà stagione e fin qui non ho visto né grossi errori da parte degli arbitri, né grosse polemiche da parte di allenatori, calciatori, dirigenti e giornalisti. È un segnale di maturità».
In vetta regna un grande equilibrio: in tante corrono per lo scudetto.
«Una maggiore competizione genera una maggiore tensione. Per noi arbitri è più difficile, ma ne beneficiano lo spettacolo e l’interesse dei tifosi».
La ‘Goal line technology’ ha modificato il lavoro dei due addizionali d’area?
«Sì, nel senso che ha permesso loro di concentrarsi solo su quello che avviene in area. Trattenute, palle intercettate in modo falloso, posizioni di fuorigioco: tutto adesso è passato ai raggi X».
Quando comincia la sua preparazione agli Europei?
«È già cominciata. Sto pianificando come studiare le squadre in dvd e come organizzare il lavoro atletico. Ma tutto passa dal campionato: preparare al meglio il mio Europeo significa limitare al minimo gli errori da qui a maggio. E’ come correre sulle uova: se fai una frittata oggi, intendo dire una partita macchiata da errori gravi, te la porti dietro anche in Francia».
Resto del Carlino