Nonno, padre e nipote, tre generazioni unite nel nome del calcio. L’ultima storia porta un cognome eccellente, Maldini, una dinastia già leggendaria che da poco ha scritto un’altra pagina di storia. Al 93′ di Milan-Verona, infatti, San Siro ha applaudito l’ingresso in campo di Daniel Maldini, che ha fatto così il suo esordio in Serie A 65 anni, 4 mesi e 14 giorni dopo il nonno Cesare (debuttò il 19 settembre 1954 in Milan-Triestina) e 35 anni e 13 giorni dopo papà Paolo (la sua prima in A fu il 20 febbraio 1985, Udinese-Milan). Non facile portare un simile cognome, in una famiglia in cui da sempre si è respirato calcio di altissimo livello.
Cesare Maldini, al Milan dal 1954 al 1966, ha vinto quattro campionati, una Coppa Campioni (primo capitano di una squadra italiana a vincerla) e una Coppa Latina, per poi ritrovarsi sulla panchina del Milan e della Nazionale.
Cesare Maldini alza la Coppa Campioni a Wembley nel 1963
© Evening Standard
Paolo, invece, ha scritto pagine memorabili tra l’85 e il 2009, vincendo sette scudetti, cinque Champions League (di cui due da capitano, a Manchester e ad Atene), cinque Supercoppe europee e altrettante italiane, una Coppa Italia, due Coppe Intercontinentali e un Mondiale per club. In totale ha collezionato 902 presenze in maglia rossonera. Da due anni è tornato in società come dirigente.
Paolo Maldini alza la Champions League a Manchester nel 2003
© Alex Livesey
Difficile anche per uno come lui, abituato a certe cose, trattenere l’emozione nel vedere il figlio esordire con quella maglia che per la famiglia Maldini è da sempre una seconda pelle: «Era un obiettivo che mi ero prefissato, un sogno che si è realizzato – ha detto Daniel, che a differenza di papà e nonno gioca molto più avanzato, da trequartista -, ora speriamo di andare avanti così. C’era tanta emozione, ma mio papà mi ha tranquillizzato». «Come era stato nel mio caso, anche per lui il debutto non era preventivato – ha detto Paolo Maldini -, visto che negli ultimi giorni non si era nemmeno allenato perché non stava benissimo. Non ho avuto modo di commuovermi, ma a mente fredda è una grande emozione per me, per la mia famiglia e per i tifosi che hanno accolto con affetto il suo ingresso».
Daniel Maldini ha debuttato in Serie A contro il Verona
© Marco Luzzani
Kluivert, Marcos Alonso e Forlan, famiglie nel pallone
Se quella dei Maldini è la saga più famosa anche alla luce dei successi di nonno Cesare e papà Paolo, nel calcio ci sono altri esempi di famiglie in cui tre generazioni di calciatori si sono succedute ad alti livelli.
Kenneth Ramon Kluivert non ha fatto una grande carriera, ma a modo suo nel Suriname è stato qualcuno, indossando anche la casacca della nazionale del suo paese. Più famoso il figlio, Patrick Kluivert, che in Europa ha vestito le maglie di Ajax, Milan, Barcellona, Newcastle, Valencia, PSV e Lille, vincendo una Champions League (suo il gol decisivo nella finale di Vienna contro il Milan nel 1995) tre campionati olandesi, uno spagnolo, due supercoppe olandesi, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa europea. L’ultimo Kluivert, Justin, gioca nella Roma, dopo esser stato acquistato dall’Ajax nell’estate del 2018. C’è anche il fratello, Ruben, che gioca nell’Utrecht, in Olanda, meno famoso ma pur sempre un altro Kluivert calciatore professionista.
Due terzi dei Kluivert: Kenneth e Patrick, nonno e padre del romanista Justin
© VI-Images
In Spagna dici Marcos Alonso e apri un libro di storia. Il capostipite è stato Marcos Alonso Imaz (conosciuto come «Marquitos»), una carriera tra gli anni ’50 e ’60 con Racing Santander, Real Madrid (158 presenze in 8 anni con le «Merengues»), Hercules e Murcia, cui ha fatto seguito Marcos Alonso Peña (Racing Santander, Atletico Madrid, Barcellona e Logrones), prima dell’arrivo della terza generazione rappresentata da Marcos Alonso Mendoza, transitato anche dalle nostre parti con la maglia della Fiorentina e attualmente al Chelsea.
Marcos Alonso con la maglia del Chelsea
© Chloe Knott – Danehouse
Tra le famiglie nel pallone (qui le storie si intrecciano con quelle dei mariti delle figlie) ci sono anche i Forlan, un’istituzione in Uruguay. Il più famoso è l’ultimo della serie, Diego, sfortunato nella sua esperienza all’Inter (18 presenze e due gol nel 2011-12), ma protagonista di una carriera di tutto rispetto con le maglie di Manchester United (con cui ha vinto una Premier, una FA Cup e un Community Shield), Villarreal e Atletico Madrid (con cui ha vinto un’Europa League e una Supercoppa europea). In Spagna ha vinto due volte il titolo di capocannoniere, oltre a collezionare 112 presenze con la maglia della nazionale. Il nonno materno, Juan Carlos Corazzo, ha giocato nell’Independiente, vincendo anche due volte la Coppa America come commissario tecnico della nazionale. Il marito della figlia (e padre di Diego), Pablo Forlan, ha vinto sette campionati in Uruguay e tre in Brasile, una Coppa Libertadores e un’Intercontinentale con il Peñarol.
L’uruguaiano Diego Forlan
© Clive Rose
Dal Sudamerica all’Islanda
Dal Sudamerica al Messico per scavare nell’albero genealogico della famiglia Hernández. Anche in questo caso si deve partire dal nonno materno, Tomas Balcazar, che per dieci anni (dal 1948 al 1958) ha giocato nel Deportivo Guadalajara. Il filone è proseguito con il genero Javier Hernández Gutiérrez, detto «Chicharo» (ovvero «il pisello», per i suoi occhi verdi come l’ortaggio), una carriera nella UAG di Guadalajara, poi Valencia a Saragozza. Ben più famoso il figlio, Javier Hernández, che gli appassionati hanno imparato a conoscere come «Chicharito» (spesso i figli prendono il diminutivo del soprannome del padre, quindi lui è «il pisellino»), protagonista nel calcio europeo con Manchester United, Real Madrid, Bayer Leverkusen, West Ham e Siviglia, prima di passare nell’MLS con i Los Angeles Galaxy. L’ultimo Hernández ha lasciato il segno, vincendo due campionati inglesi, tre Community Shield e un Mondiale per Club, oltre a una Gold Cup con il Messico con cui ha giocato 109 gare segnando 52 gol (primatista assoluto per reti realizzate). Ma gli Hernández hanno anche un altro record: tutti e tre hanno giocato un Mondiale: il nonno nel ’54, il padre nell’86, il nipote nel 2010, 2014 e 2018.
Il Chicharito Hernandez con la maglia del Messico
© Soccrates Images
Dall’Islanda arrivavano i Gudjohnsen: il primo, Arnor, è stato un giocatore di Anderlecht e Bordeaux, ma chi ha fatto carriera è stato il figlio Eidur, che ha vestito le maglie di PSV, Bolton, Chelsea, Barcellona e Monaco. Sono entrati nella storia nel secondo tempo di un’amichevole tra Islanda ed Estonia, quando il figlio ha debuttato in nazionale sostituendo il padre. Meno brillante la carriera del giovane Sveinn Aroon, classe ’98, che gioca in Italia nello Spezia.
Eidur Gudjohnsen ai tempi del Chelsea
© Christian Liewig – Corbis
Vladimir Weiss per 3
Nulla a confronto della famiglia Weiss: Vladimir Weiss è passato dall’Italia con la maglia del Pescara (2012-13). È figlio…Vladimir Weiss e nipote di…Vladimir Weiss! Suo padre ha giocato prima nella nazionale cecoslovacca e poi in quella slovacca, che ha poi guidato ai Mondiali di Sudafrica 2010. Il nonno con la maglia della Cecoslovacchia ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo nel 1964.
Come se non bastasse la sequenza nonno-padre-nipote, gli Stankovic sono un caso a parte. Oltre al capostipite, che giocava nell’OFK, anche la mamma dell’ex interista Dejan (uno dei protagonisti dello storico «Triplete» nerazzurro) era giocatrice professionista. Il più piccolo, Filip, gioca come portiere nella Primavera dell’Inter ed è stato già convocato in prima squadra da Conte. GqItalia
Filip e Dejan Stankovic
© FC Internazionale
