La pubblicazione del nuovo modello di «accesso alla procedura di collaborazione volontaria» – da ieri pomeriggio sul sito delle Entrate – lancia di fatto la seconda campagna di rientro/emersione dei capitali dopo quella del 2015 – andata in archivio con 60 miliardi di emersione e 4 di incassi fiscali. Tuttavia questa prima tappa della Vd 2.0 è da considerare una sorta di rodaggio, sia per problemi tecnici (il nuovo modello non può ancora essere inviato, manca il canale dedicato) sia perchè le poche ma sostanziali novità della nuova versione della Vd stanno ancora cercando un assetto “tranquillizzante” per i candidati contribuenti e per chi li assiste.
La vera differenza rispetto alla vecchia versione è nella possibilità di autoliquidare le imposte dovute, cioè di calcolare direttamente da sè il dovuto all’erario, sanzioni e maggiori imposte (eventualmente) comprese. Tuttavia il passaggio è delicato, perchè anche il massimo della buona volontà non mette per nulla al sicuro il contribuente, che rischia comunque di trovarsi in futuro una rettifica per opera dell’Agenzia stessa ovviamente con sanzioni, fino al 3% sul capitale. Eventualità, questa, tutt’altro che remota, considerato che i (grandi) patrimoni attesi al varco della Vd 2.0 sono frutto di ingegnerizzazioni molto complesse sia da “leggere” sia poi da “sciogliere” in pacchetti fiscali.
Altro aspetto problematico – e che tra l’altro dovrebbe essere qualificante della nuova campagna di collaborazione volontaria – è l’emersione del “nero” nazionale, miseramente fallita la volta scorsa (meno del 4% sul totale dei 60 miliardi del 2015). Qui il nuovo modello prevede la «dichiarazione relativa all’origine dei contanti o dei valori l portatore» con cui in sostanza il candidato (e chi lo assiste) garantisce la provenienza fiscale, e solo fiscale, dei tesoretti da cassetta di sicurezza o da piastrella nascosta in casa. Il rischio di lavaggio (cioè riciclaggio) in questo ambito è così elevato che la nuova legge sulla Vd (la 225/2016) prevede un nuovo reato autonomo con pene da 18 mesi a sei anni (esattamente come per la mendace Vd nella versione scorsa) da aggiungere a quella dei reati sottostanti eventualmente scoperti. Non solo: il candidato “emergente” dovrà anche provvedere all’apertura della cassetta (o del nascondiglio) alla presenza del notaio, e predisporre poi un conto dedicato a garanzia del debito erariale. Debito che, dice la legge, si calcolerà spalmando sulle ultime cinque dichiarazioni tutto quanto emerso, portando molto in alto la pretesa fiscale per la regolarizzazione (multipli rispetto al 7% medio tra tasse, interessi e sanzioni della prima Vd). Tutti aspetti, questi, che ancora una volta rischiano di far abortire il tentativo di rimettere nell’economia legale quanto sottratto negli anni alle imposte.
Secondo le stime sempre prudenti e per difetto di Banca d’Italia, a fine 2013 – e cioè prima della Vd 1.0 – giacevano all’estero almeno 230 miliardi di euro (ma solo in conti, investimenti azionari/obbligazionari etc, quindi con una vasta zona ancora grigia). Visti i 59 miliardi circa riemersi nel frattempo dall’estero, il bottino potenziale per l’erario rimane molto consistente, ma non è detto sia facilmente “aggredibile”, almeno fino all’avvento, nel 2018, dello scambio di informazioni a quell’epoca quasi del tutto globalizzato. Di sicuro quello che è restato “fuori” dopo il 2015 è parte di patrimoni ingentissimi che sono stati costruiti con notevole dedizione da professionisti spesso di paesi e di giurisdizioni diversissime che hanno permesso rimbalzi in altrettanti paradisi. Rompere questi delicati diaframmi è la sfida, difficilissima, della nuova Vd versione 2017.
Il Sole 24 ore