Tira un vento di grandi operazioni attorno a Cassa di Risparmio, la più antica banca della Repubblica che sta lentamente migliorando i propri conti e la propria situazione, anche a fronte di alcuni tagli come la chiusura di alcune filiali e i bassi tassi di interesse.
L’operazione più grossa riguarda sicuramente il prestito ibrido da 40 milioni di euro sotto forma di prestito obbligazionario subordinato che consentirà un rafforzamento patrimoniale che porterà l’indice al 10,4% e che sarà acquistato dallo Stato (che comunque emetterà titoli pubblici per 102 milioni di euro, legati sempre a operazioni con Carisp).
Ma quella che potrebbe cambiare ancora di più la governance – e che per andare in porto comporterà anche un intervento normativo – potrebbe essere l’operazione legata allo spostamento della sede di Città e il ruolo del Palazzo Sums.
Per dare il via infatti al progetto del grande polo museale in Centro Storico, dove la sede più gettonata sembra proprio quella della galleria della Cassa di Risparmio, il segretario di Stato al Territorio Antonella Mularoni ha illustrato una ipotesi di operazione ieri pomeriggio alle forze politiche di maggioranza e opposizione a Palazzo Begni.
La soluzione attualmente al vaglio prevedrebbe in sostanza la vendita da parte di Carisp della sede centrale, ad un prezzo ancora tutto da definire. In cambio la banca, che non sembra convinta al 100% di cedere la storica sede, ha fatto capire che l’intenzione sarebbe di mantenere una propria presenza in Centro Storico. Una delle ipotesi quindi riguarderebbe Palazzo Sums, che è anche al centro di un’altra partita tutta interna alla Cassa. La struttura infatti è di proprietà del Silo Molino Forno, realtà a sua volta di proprietà dello Stato, della Sums e di Carisp. E proprio Cassa di Risparmio attraverso un processo di fusione per incorporazione del Silo Molino Forno entrerebbe in possesso del Palazzo. L’operazione, grazie soprattutto al valore dell’edificio, consentirebbe un rafforzamento patrimoniale di Carisp di circa 10 milioni di euro, facendo salire l’indice oltre l’11% (una volta completato anche il passaggio del prestito ibrido da 40 milioni di euro).
Questa operazione tuttavia porterebbe a una modifica delle quote relative all’assetto societario di Carisp. Lo Stato infatti salirebbe a oltre il 47%, la Sums a oltre il 6%, mentre la Fondazione, che attualmente ha più del 50% scenderebbe a poco più del 46%. Così facendo, non solo la Fondazione Carisp non avrebbe più la maggioranza assoluta, ma neppure quella relativa che passerebbe in capo allo Stato che già ora nomina la maggioranza del Cda. Una operazione che per essere condotta in porto, avrebbe quindi bisogno di una modifica della norma. La legge infatti prevede al momento che la maggioranza delle quote societarie sia in capo alla Fondazione.
Franco Cavalli