Il costo della spesa alimentare in Italia ha registrato un’impennata di quasi il 25% negli ultimi quattro anni, superando di quasi otto punti percentuali l’andamento dell’inflazione generale. A certificarlo è l’Istat, che nell’ultima nota sull’economia italiana individua nel caro-energia, esploso tra il 2022 e il 2023, la causa principale di questi rincari.
Secondo il rapporto dell’Istituto nazionale di statistica, nel periodo compreso tra ottobre 2021 e ottobre 2025, l’indice dei prezzi dei beni alimentari è salito del 24,9%. Nello stesso arco temporale, l’indice generale dei prezzi al consumo (Ipca) si è fermato al 17,3%, evidenziando come il settore alimentare abbia subito una pressione inflazionistica notevolmente superiore.
L’analisi Istat mostra come i rincari abbiano colpito trasversalmente l’intero settore. I prodotti freschi, o non lavorati, hanno visto un aumento del 26,2%, leggermente superiore a quello dei beni lavorati (+24,3%). A guidare la corsa dei prezzi sono stati in particolare i prodotti vegetali (+32,7%), seguiti da latte, formaggi e uova (+28,1%) e dal comparto di pane e cereali (+25,5%).
Il fenomeno, precisa l’Istat, non è isolato all’Italia ma si inserisce in un contesto europeo generalizzato. Nello stesso periodo, l’aumento medio dei prezzi alimentari nell’area euro è stato del 29%, con picchi ancora più alti in Paesi come la Germania (+32,8%). Anche la Spagna ha registrato un dato superiore a quello italiano (+29,5%), mentre la Francia ha mostrato un incremento leggermente più contenuto (+23,9%).
Questi dati confermano come l’impennata dei costi dell’energia abbia avuto un impatto diretto e prolungato sui bilanci delle famiglie italiane, erodendo il potere d’acquisto soprattutto sui beni di prima necessità. La dinamica dei prezzi alimentari, più accentuata rispetto all’inflazione media, ha rappresentato una delle principali voci di spesa a pesare sui consumatori negli ultimi anni.











