È di Terzigno, paese della città metropolitana di Napoli, il pilota dell’elicottero che, volando a bassa quota, ha sparso petali di rose rosse sul corteo funebre di Vittorio Casamonica. L’Enac gli ha sospeso in via cautelativa la licenza poiché, spiega, l’elicotterista non era autorizzato «al volo o al sorvolo» della Capitale né tantomeno a «spargere sostanze» da lassù. Il sindaco Ignazio Marino auspica che il 27 agosto nel Consiglio dei ministri dedicato all’inchiesta su Mafia Capitale con Angelino Alfano, il ministro dell’Interno, «parli di azioni concrete per combattere la mafia a Roma». Sul caso del funerale-show del boss Vittorio il Governo non dice ufficialmente una parola, ma secondo quanto scritto da Marco Galluzzo sulCorriere della Sera, Renzi avrebbe telefonato al sindaco Marino per chiedere chiarimenti sul caso Casamonica.
Nel mirino dell’Enac
In una nota l’Enac, che ha anche informato la Questura, ricostruisce l’accaduto. «Il volo – spiega l’ente – è stato effettuato da un privato che è decollato dall’elisuperficie di Terzigno, in provincia di Napoli, con destinazione l’elisuperficie Romanina, utilizzando un elicottero monomotore R22». Nelle vicinanze della Capitale il pilota «ha chiesto alla torre controllo l’autorizzazione all’attraversamento dello spazio aereo», ma poco dopo «effettuando una deviazione non prevista né autorizzata» sulla città è sceso «a una quota inferiore alla minima», cioè sotto i «mille piedi ovvero circa 330 metri». Ma ci sono anche altre norme violate dal pilota. «Il sorvolo di Roma – spiega ancora l’Enac – è comunque vietato agli elicotteri monomotore». E «il lancio di materiale da bordo è proibito a meno di specifica autorizzazione» che in questo caso non c’era.
Il parroco e l’intervento del vescovo
«Rifarei il funerale di Vittorio Casamonica? Probabilmente sì, faccio il mio mestiere». Finito al centro della bufera don Giancarlo Manieri, il parroco che ha celebrato le esequie-show del boss, non arretra. «Io ho fatto il prete, non spettava a me bloccare il funerale – ribadisce ai microfoni di TgSky24 – . La chiesa può dire no a un funerale? Ecco, questo è un problema. Le scomuniche del Papa ai mafiosi? Bisogna chiederlo in alto, non a me». E il parroco ha continuato dicendo che «molti mi hanno rimproverato di non aver bloccato il funerale a un boss che ne ha combinate più che Bertoldo. Ma se era così fuori norma, perché mai era a piede libero? Hanno aspettato la sua morte sperando che lo ”arrestasse” il parroco? Mio dovere è distribuire misericordia, m’insegna Papa Francesco. Ed è quello faccio». E ha aggiunto: «Credo di aver fatto solo il mio dovere, sono un prete, non un poliziotto». E arriva anche la difesa di don Giancarlo dal Vaticano: «Se non c’è una presa di posizione contro la dottrina della Chiesa, il funerale non si può proibire». È quanto affermato a Radio Vaticana da monsignor Giuseppe Marciante, vescovo responsabile del settore di Roma Est, all’interno del quale è compresa anche la chiesa di Don Bosco. E ancora, ha aggiunto, «c’è la figura del defunto: un cattolico, un cristiano, era battezzato; era un peccatore e sappiamo dai giornali che tipo di vita ha fatto. Però, su questo, non possiamo emettere noi un giudizio, perché lo riserviamo a Dio. Certo, se noi avessimo saputo che dietro il funerale c’era questo spettacolo, avremmo suggerito di celebrare le esequie in un modo più discreto». Per quanto riguarda lo “spazio di azione” del parroco, «la Chiesa prende una posizione chiara contro la vita mafiosa, poi – spiega il vescovo -l’evolversi della vita spirituale di chi si è macchiato di questi crimini è un altro capitolo».
E poi, prosegue sempre don Giancarlo, «l’esponente di un clan è comunque dentro la Chiesa. A me hanno fatto solo vedere un foglietto che diceva che era un cattolico praticante e che lasciava moglie e figli. Di tutto l’ambaradam che c’era fuori non sapevo nulla perché ero già preparato per la funzione. C’erano 500 persone fuori. I manifesti sui muri della chiesa? Me l’hanno detto i miei collaboratori, ma li hanno tolti subito. Quello con Vittorio Casamonica vestito da papa? Non ne sapevo nulla»
Il prefetto
Non fa giri di parole il prefetto di Roma, Franco Gabrielli: «È accaduta una cosa grave. Stigmatizzabile. Non doveva accadere». Parole dure pronunciate poco dopo aver chiesto chiarimenti formali, per lettera, alla Questura, ai carabinieri, ai vigili urbani e al Campidoglio. Una volta raccolti gli elementi sull’accaduto Gabrielli invierà una relazione al ministro dell’Interno Alfano. Anche perché, rilevano in prefettura, anche in altre parti d’Italia (in particolare in Sicilia) funerali simili sono stati vietati.
Fonte: CORRIERE DELLA SERA