Caso Guerrina. Le rivelazioni del parroco durante l’interrogatorio-fiume

padre gratienE’ CACCIA a un nuovo numero di telefono. Dopo le otto ore di duro interrogatorio nel carcere d’Arezzo, padre Gratien Alabi, l’ex vice parroco di Ca’ Raffaello accusato dell’omicidio di Guerrina Piscaglia, scomparsa dal paese il 1° maggio 2014, non ha rivelato nulla di nuovo. A parte un particolare. «Nei mesi della nostra amicizia – avrebbe detto Gratien al pm Marco Dioni – Guerrina mi diede un numero di telefono. Mi disse che avrei potuto cercarla lì se fosse sparita, se fosse scappata di casa». Ma di quel numero il religioso dice di ricordarsi solo le ultime due cifre: 6 e 0. Il pm Marco Dioni farà quindi l’ultima verifica. Non vuole lasciare buchi nelle indagini. I carabinieri e investigatori andranno a ricontrollare decine di tabulati telefonici per l’ennesima volta, riprendendo tutti i numeri che finiscono per 60, se ce ne sono, per poi seguirne le tracce. L’impressione però, per gli inquirenti, è che questa nuova pista non porti da nessuna parte. Se sarà confermata, si procederà subito con il rito abbreviato. I dinieghi di padre Alabi («non ho ucciso Guerrina», «non ho mai avuto per le mani il suo cellulare», «non ho mai avuto una relazione con lei», «non l’ho vista quel 1° maggio», «non ho mai frequentato prostitute») non hanno affatto smosso Dioni sulla linea colpevolista. Padre Gratien continua a porre attenzione sulla figura di zio Francesco, che avrebbe incontrato due volte: il primo maggio a Sestino nel pomeriggio e il 10 maggio 2014 a Ca’ Raffaello, davanti alla canonica, di sera. Ma di questo personaggio, Alabi, ne parla solo dopo il 5 settembre, in cui viene indagato. Mai prima.
IN PROCURA c’è la convinzione che zio Francesco sia un personaggio di fantasia, per depistare quando si indebolisce la prima versione su un presunto venditore ambulante marocchino di Gubbio, scovato e che con la vicenda non c’entra nulla. Dioni e il procuratore capo Roberto Rossi aspetteranno ora un paio di settimane per le ultime verifiche, forse al massimo un mese. Poi è molto probabile che chiuderanno l’inchiesta, passando le carte al gip. A lui si chiederà di disporre il rito immediato, cioè di mandare padre Gratien in Corte d’Assise senza neppure passare per l’udienza preliminare. Il giudice valuterà se effettivamente gli indizi siano palpabili come ritiene l’accusa. E il fatto che proprio il gip, Piergiorgio Ponticelli, abbia già firmato un’ordinanza di custodia cautelare e il tribunale del Riesame l’abbia confermata, suggerisce che il rito immediato potrebbe essere la soluzione finale. In attesa delle nuove verifiche sui tabulati, lunedì l’avvocato difensore del frate congolese, Francesco Zacheo, presenterà l’istanza ai domiciliari.

Il Resto del Carlino