Il caso dell’Orefice truffaldino scoperto dalla trasmissione d’inchiesta della Rai TV7 ha evidenziato un modo di fare diffuso tra molti gioiellieri, penso da sempre ma che si è acuito con l’avvento della Voluntary Disclosure.
Riciclaggio, vilipendio alla Repubblica e dei suoi emblemi, truffa, intralcio alla giustizia (Finanza italiana), mancata segnalazione come soggetto vigilato ed altri 5/6 reati verranno imputato probabilmente a Giuseppe Arzilli, titolare della nota gioielleria ARZILLI Spa.
E’ anche vero che gli errori dei padri non devono ricadere sui figli, ma tutti dimentichiamo che prima degli incarichi politici lo stesso Marco Arzilli era a capo della gioielleria di famiglia dove si è compiuto l’ipotetico malaffare. E lui in questi anni, da Segretario sceriffo (come ama farsi chiamare) non ha mai visto nulla in casa propria?
Dove era l’UCVAE? L’ufficio predisposto al controllo delle attività economiche che è proprio sotto Arzilli! E da lui creato.
Arzilli ha revocato licenze per i motivi più disparati agli altri operatori giustificando questa scelta con la dicitura: ”ha leso l’immagine del paese”! Ma in casa propria, nell’attività di famiglia, suo padre poteva fare ed ha fatto tutto quello che voleva? Lui non si è accorto mai di nulla? Il caso evidenziato dalla televisione italiana è l’unico che Arzilli padre ha compiuto? Oppure lo ha fatto anche in passato? Queste sono le domande, che non avranno risposta – lo sappiamo già -, ma che i sammarinesi si stanno facendo ora in questi momenti.
Come non ricordarsi delle foto che il nostro giornale aveva pubblicato dove venivano ripresi padre e figlio in missione in Toscana dalla Gioielleria Bartorelli a Forte dei Marmi per un affare? Perché il Segretario era li con suo padre proprio in una gioielleria? Perché non è andato nella Bartorelli di Riccione? In Versilia c’è andato per ragioni di Stato o per quelle di famiglia, economiche? Anche lui gestisce da dietro la società? Se no, allora perché c’è andato?
Fa sorridere leggere che il Segretario Arzilli non sapesse nulla di quello che facesse suo padre nell’attività di famiglia e che ora voglia passare con il Segretario dal pugno duro anche nei confronti di suo padre. A San Marino non ci crede nessuno! Nemmeno Maria Luisa Berti.
L’ipocrisia ed il perbenismo ci pervade! A San Marino stanno diventando uno sport nazionale, oramai.
Ma capiamo il suo ragionamento, o di chi lo ha consigliato. Ora in questo momento la famiglia Arzilli è veramente nella cacca; il suo esponente più vecchio – il capostipite, peraltro ambasciatore in svizzera, paese del segreto bancario, e democristiano da una vita – è stato preso con le mani nella marmellata ed allora sono obbligati a ”sacrificarlo” per non far fallire la loro azienda, il capitale di famiglia e non farsi aggredire dalle banche creditrici.
Hanno già messo in conto che la licenza verrà revocata – comunque a prescindere dato che lo scandalo è di quelli colossali, quelli che ti sputtanano a vita, anche se il Segretario si dovesse dimettere – ed allora cosa fare? Diamo tutta la colpa a Giuseppe Arzilli, l’anziano della famiglia, lo facciamo dimettere dalla carica di amministratore della Arzilli Spa per evitare la continuazione del reato, così non rischia nemmeno l’arresto cioè la custodia cautelare per la reiterazione del reato, ipotesi già ventilata dall’esposto che alcuni cittadini – ad ora una trentina – consegneranno all’autorità giudiziaria nei prossimi giorni.
Facciamo indagare Pinuccio Arzilli per i tanti reati che verranno rilevati, sperando che l’autorità giudiziaria non proceda al sequestro dei beni della società che è una prassi quasi dovuta per i reati di riciclaggio, e magari condannare; facciamo far revocare la licenza così salviamo la faccia, ed anche la carriera politica (!) al Segretario di Stato ed al movimento Noi Sammarinesi che ha sempre anteposto, nel suo programma elettorale, la legalità ad ogni cosa e salviamo il salvabile. Sperando che la gente abbocchi.
Ovvero la carica di Segretario di Stato al figlio Marco, che ha un suo valore contrattuale molto elevato e senza il quale probabilmente le banche potrebbero farsi avanti, e richiediamo a nome dell’altro figlio, o di una persona vicina alla famiglia, un’altra licenza per la gioielleria, magari lasciando l’idea del nome; chessò ad esempio ”L’Antica gioielleria Arzilli” o qualcosa di simile. Facciamolo! avranno detto; tanto molti elettori – anche democristiani che sono i loro votanti – non capiranno questa manovra, avranno pensato.
Questo a mio parere è stato il ragionamento che in queste concitate e drammatiche ore si è fatto nella famiglia Arzilli.
Quindi tutto come nulla come fosse successo. E la ruota continuerà a girare…
“Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente” come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo.
Marco Severini – Direttore del Giornalesm.com