La vicenda di Sara Pedri, la giovane ginecologa di Forlì scomparsa misteriosamente il 4 marzo 2021, potrebbe entrare in una nuova fase giudiziaria. Ieri, giovedì 31 luglio, la Procura ha presentato ricorso in appello contro la sentenza che a gennaio aveva assolto i due medici ritenuti responsabili del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dove Sara lavorava prima di dimettersi.
L’ex primario Saverio Tateo e la sua vice Liliana Mereu erano stati accusati di aver generato un ambiente lavorativo tossico, caratterizzato da pressioni e maltrattamenti. Tuttavia, il tribunale aveva ritenuto che, sebbene l’atteggiamento di Tateo fosse autoritario, non fosse configurabile un reato punibile. Questa interpretazione è stata però contestata dalla Procura, che sostiene come nel processo non sia stato adeguatamente valorizzato il peso delle testimonianze dei colleghi di Sara, i quali avevano descritto un clima opprimente, fatto di umiliazioni e stress costanti.
Dopo le dimissioni da Trento, Sara era scomparsa nel nulla. La sua auto fu rinvenuta vicino al lago di Santa Giustina, ma del corpo non è mai stata trovata traccia. Familiari e inquirenti ritengono che la morte possa essere stata un suicidio, strettamente connesso al difficile contesto lavorativo in cui la giovane era immersa.
Ora la palla passa alla Corte d’Appello, che dovrà decidere se accogliere il ricorso della Procura e riaprire il caso, approfondendo la possibile responsabilità dei medici nel creare un ambiente nocivo che potrebbe aver contribuito alla tragedia.