Un’audizione lunga, tesa e carica di implicazioni quella di ieri davanti ai magistrati della Procura di Roma. Al centro dell’inchiesta, un appalto da circa 1,7 milioni di euro. Al centro della scena, Cristiano Cannarsa, amministratore delegato di Sogei, la società pubblica che gestisce l’infrastruttura digitale della Pubblica Amministrazione, e marito del nostro presidente di Banca Centrale Catia Tomasetti.

Cannarsa è finito sotto i riflettori per una presunta forzatura nell’assegnazione di un contratto alla società Deas, attiva nel settore della cybersecurity. Le accuse ipotizzano un tentato peculato: avrebbe favorito una realtà privata a discapito della trasparenza e della concorrenza.
Ma ieri, davanti ai magistrati, Cannarsa è stato chiaro. “Non ho mai tentato di favorire Deas, né direttamente né indirettamente”, ha dichiarato. Una smentita netta, pronunciata con tono calmo ma deciso. Ha parlato per oltre quattro ore, rispondendo alle domande dei pm, rigettando ogni insinuazione e cercando di sgombrare il campo da ogni sospetto.
Secondo quanto ricostruito da fonti giudiziarie e confermato anche dal giornalista Vincenzo Bisbiglia su Il Fatto Quotidiano, Cannarsa ha definito “mera diceria” le voci che lo vorrebbero legato in qualche modo alla fondatrice di Deas, Stefania Ranzato. Il loro, ha sottolineato, è stato sempre un rapporto professionale. Nessuna relazione personale, nessuna regia occulta.
Cannarsa ha spiegato che la scelta di Deas fu motivata esclusivamente da valutazioni tecniche. La loro proposta, ha detto, rispondeva meglio alle esigenze di Sogei in termini di tecnologia e innovazione. Nessuna forzatura, nessun disegno nascosto.
Il contesto, però, resta delicato. L’appalto in questione – per lo sviluppo di una piattaforma documentale basata sull’intelligenza artificiale – ha attirato l’attenzione degli inquirenti per l’elevato importo economico. Secondo alcune stime interne, un progetto analogo sviluppato “in house” o da altri fornitori avrebbe potuto costare anche un decimo.
Le indagini, coordinate dal pm Lorenzo Del Giudice, si sono già tradotte in perquisizioni negli uffici di Sogei e nell’abitazione di Cannarsa. Sono state acquisite email, documenti, tracciati informatici, e si stanno vagliando intercettazioni che potrebbero chiarire dinamiche e intenzioni.
Al momento, però, non ci sono né rinvii a giudizio né udienze fissate. La posizione di Cannarsa resta al vaglio, ma la sua linea difensiva è stata tracciata con decisione: “Non c’è mai stato da parte mia alcun intento illecito. Ho agito nel rispetto del mio ruolo e della legge”.
Intanto, da Sogei filtra un atteggiamento di prudente attesa. L’azienda ha ribadito la sua fiducia nella magistratura e garantito piena collaborazione con le autorità. Ma l’inchiesta ha inevitabilmente generato tensioni interne e attenzione pubblica, vista la rilevanza strategica dell’azienda per lo Stato. Sarà ora compito della Procura fare chiarezza. E capire se quella che per Cannarsa è solo una “farneticazione” possa invece configurare un illecito. O se, come sostenuto ieri, si tratti solo di una scelta tecnica finita sotto la lente di un’inchiesta più ampia e complessa.