Cassese: “Così il governo Conte ha aggirato il Parlamento nel corso del 2020”

“I poteri sono stati accentrati a Palazzo Chigi per non essere esercitati, ma per tenere comunque nelle mani i fili del potere”, così Sabino Cassese fotografa uno dei tanti e gravi errori commessi dall’ultimo governo Conte, che con “scarsa trasparenza e scarso rispetto del parlamento”, “comunicazione eccessiva e contraddittoria”, “decisionismo del non fare” e “scelte strategiche sbagliate”, è andato incontro alla sua rovina e caduta. Secondo il giudice emerito della Corte Costituzionale “anche in presenza di una situazione di urgenza come una pandemia, i poteri del parlamento andavano rispettati”. Cosa che invece non è successa. E la nostra Costituzione, in tutti questi anni, è stata veramente rispettata? Risponde Cassese.

Professore, commentiamo come si è chiusa l’esperienza del Conte-bis, o meglio, le modalità di governo della precedente maggioranza e del precedente premier. In una sua recente intervista ha dichiarato: “È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”…

“Sono state molte le debolezze del governo Conte. In primo luogo, scarsa trasparenza: perché non è stata data maggiore pubblicità, ad esempio, ai pareri del comitato tecnico scientifico? In secondo luogo, sostituzione di politiche con comunicazione: molte parole attraverso la televisione, informazioni incomplete e contraddittorie in tutti i siti del governo. In terzo luogo, scarso rispetto del parlamento, che è stato sostanzialmente aggirato nel corso del 2020. In quarto luogo, ‘decisionismo del non fare’, come è stato definito da un autorevole osservatore (Lorenzo Bini Smaghi, ndr), nel senso che i poteri sono stati accentrati a Palazzo Chigi per non essere esercitati, ma per tenere comunque nelle mani i fili del potere. In quinto luogo, scelte strategiche sbagliate, come quella di non gestire in maniera unitaria e a livello nazionale tutta l’attività di contrasto della pandemia. Infine, il non qualificabile discorso fatto con il tavolino in strada…”.

Bulimia di Dpcm, parlamento messo in disparte, poteri centralizzati dai ministeri e Palazzo Chigi e via dicendo: si può dire che Conte – e il suo governo – ha esautorato il parlamento? 

“Anche in presenza di una situazione di urgenza, i poteri del parlamento andavano rispettati. Quindi, meno decreti legge, migliore programmazione dell’attività normativa, meno DPCM e più decreti del presidente della Repubblica, meno decisioni prese all’ultimo momento, con la giustificazione dell’urgenza, mentre si potevano prevedere e assumere nei tempi dovuti, consultando, appunto, le due camere”.

Molti cittadini e altrettanti politici pensano e dicono che in questi anni è la nostra Costituzione è stata calpestata: è davvero così? Secondo lei, quanto e come è stata rispettata (o meno) la nostra Carta in questi anni?

“La Costituzione italiana ha avuto una vicenda singolare. In una prima fase è rimasta inattuata, costringendo molte forze politiche a battersi per la sua attuazione. In una seconda fase, che si è aperta 40 anni fa, si è posto il problema di riformarla, specialmente nella seconda parte. Le riforme non sono riuscite, salvo quella dei rapporti Stato regioni e quella recente relativa alla riduzione dei parlamentari. Tuttavia, sullo sfondo è rimasta una parte della Costituzione che può dirsi dimenticata: i consigli di gestione, le comunità di lavoratori o di utenti, la registrazione e l’obbligo di organizzazione democratica interna dei sindacati, la promozione dell’accesso del risparmio popolare alla proprietà azionaria dei grandi sistemi produttivi del Paese”.

Il centrodestra al termine dell’esperienza gialloverde invocò il voto ed etichettò il Conte-bis in salsa giallorossa come un governo “incostituzionale”. Lo stesso, invece, non è accaduto con Mario Draghi: Lega e Forza Italia sono entrati in maggioranza, Fratelli d’Italia è rimasta all’opposizione. Ciò detto, si può parlare veramente di incostituzionalità in questi casi?

“No. I governi sono costituzionalmente legittimi se, dopo la nomina da parte del presidente della Repubblica, ottengono la fiducia del parlamento. Quindi, i tre governi che si sono succeduti nell’attuale legislatura, avendo ottenuto tale fiducia, sono costituzionalmente legittimi. Il fatto che i sondaggi da un lato e alcune elezioni comunali e regionali dall’altro indichino che nel Paese si siano andate costituendo nuove maggioranze, non vuol dire automaticamente la necessità di ritornare al voto, se il parlamento esistente è ancora in grado di assicurare una maggioranza a sostegno di un governo”.

Quindi i cosiddetti “governi del presidente” e i tentativi di cercare-trovare nuove maggioranze per governare sono legittimi, perché previsti dalla Costituzione. Insomma, come nel caso dell’attuale incarico a Draghi…

“Sì. Ecco, l’espressione “governo del presidente”, però, è impropria, perché tutti i governi nascono dalla iniziativa del presidente della Repubblica, il quale ha il compito di nominare il presidente del consiglio dei ministri e, su proposta di quest’ultimo, i ministri. La scelta del presidente Draghi da parte del presidente della Repubblica si è rivelata felice, perché intorno a lui si è costituita una maggioranza parlamentare molto vasta. Ogni governo, comunque, va giudicato sulla base dei risultati che ottiene e, quindi, attendiamo i risultati del governo Draghi per poterne giudicare l’efficacia”.

Per chiudere, quali sono secondo lei gli errori che Conte ha commesso – anche a livello di attenzione e rispetto nei confronti della Costituzione – che Draghi non deve commettere?

“Accentrare a Palazzo Chigi, invece che stimolare l’attività collegiale del governo. Produrre troppi atti amministrativi (tali sono i DPCM), invece che ricorrere ad atti normativi, quando si tratta di porre limiti ai diritti dei cittadini. Formulare e perseguire delle politiche, invece che vivere alla giornata, negoziando e attendendo l’iniziativa delle forze politiche. Avere chiare idee sull’interesse nazionale in materia di sanità e di contrasto dell’epidemia. Stabilire maggiore collaborazione con la Commissione europea e svolgere un ruolo più attivo a livello internazionale”.


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