Come si esce della crisi? L’interrogativo è stato al centro dei lavori del Consiglio Confederale della CDLS nel pomeriggio di venerdì 6 marzo, dove è intervenuto Alberto Berrini, economista e ricercatore dell’Università “L’origine principale dell’attuale instabilità dell’economia mondiale – ha osservato Berrini – risiede nello squilibrio tra finanza ed economia reale, squilibrio iniziato negli anni ’80, e che attende ancora una risposta. Le crisi finanziarie sono oramai parte integrante, e non accidentale, del nostro modello di sviluppo, dunque ‘democratizzare’ la finanza per riformare il capitalismo è la sfida fondamentale che ci attende”.
Alla domanda: come si esce dalla crisi? Berrini ha risposto che “si esce non solo con più Stato, ma si può e si deve uscire con più società”, sottolineando che i “i possibili sbocchi si chiamano democrazia economica e responsabilità sociale d’impresa”.
“La vera politica economica che serve – ha concluso – è un maggiore equilibrio nella distribuzione di tutti i redditi. In Usa lo hanno chiamato ‘spread the wealth’, diffondere la ricchezza. In questo contesto l’iniziativa sindacale assume un ruolo fondamentale per due motivi: da un lato perché è legittimata dalle aspirazioni e dai bisogni dei lavoratori, dall’altro perché assume un ruolo economico fondamentale per l’intera società, in quanto determina il riequilibrio tra domanda e offerta”.
Riferendosi a San Marino, il segretario CDLS, Marco Beccari, ha detto che la “prima concreta risposta ai colpi della recessione è quella di assicurare e ampliare i meccanismi di tutela sociale ai lavoratori e alle loro famiglie, in primo luogo la cassa integrazione e la rivalutazione dell’indennità di disoccupazione”.
Ma questa è una solo risposta all’emergenza occupazionale. Per il segretario della Confederazione Democratica dalla crisi si esce “con un progetto in grado di valorizzare l’economia reale, investendo sul lavoro, sulla qualificazione professionale e sulle capacità imprenditoriali”.
“Anche a San Marino – ha detto Beccari – per troppo tempo c’è chi ha inseguito l’illusione dell’economia di carta, dell’eccessiva finanziarizzazione del nostro sistema. C’è invece da consolidare e rafforzare quel tessuto di aziende industriali, artigianali e commerciali che da anni producono ricchezza e occupazione e dobbiamo mettere in campo strategie per attirare nuovi investimenti produttivi nei settori chiave della nostra economia”.